E così, a ogni primaria, si torna a spiegare che la legge elettorale va modificata perché i cittadini (tutti!) possano scegliere gli eletti (tutti!), nessuno escluso. Lo avevamo già sentito quattro anni fa. Poi sappiamo come è andata a finire.
Ne parlammo qui, più di una volta, tempo fa: e fummo chiamati gufi, rosiconi, ecc.
Vale la pena di ricapitolare: quando uscì dal Nazareno (era il 2014, pochi mesi dopo le primarie del dicembre 2013) tutti i candidati delle liste erano bloccati e alla Camera lo votarono tutti.
Alla fine del suo iter parlamentare fu posta la fiducia su una versione corretta in cui i capilista erano bloccati, con la possibilità di essere candidati in più collegi (fino a 10). Qualcuno non votò la fiducia, qualcuno lasciò una maggioranza ormai non più credibile e squalificata (come il vostro affezionatissimo). Voto bloccato sui capilista bloccati, nella «legge simbolo» (Boschi dixit) del governo allora in carica.
La scelta dei capilista bloccati (con la conseguente narrazione del «collegio», che era però tutt’altro che uninominale) è stata da allora sempre difesa con orgoglio dal governo e dai suoi sostenitori, anche in ragione di una violenta campagna contro le preferenze (che comunque riguardavano e riguardano ancora tutti gli altri candidati).
Ora è tutto un coro, altrettanto unanime. «Togliamo i capilista bloccati!». Detto dagli stessi che li avevano introdotti e difesi, a colpi di maggioranza e a botte di ‘fiducia’.
Il tono è del tipo «eureka», nemmeno avessero scoperto la penicillina e come se quegli schifosi capilista bloccati li avessero introdotti gli alieni.
Poi tutti a chiedersi come mai prevalga la ‘sfiducia’ tra i cittadini.
Sorprendente, davvero.
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