Capisco l’entusiasmo per un candidato di centro che vince (momento di sincerità e quasi verità per chi ancora pensa che il partito del governo voglia collocarsi a sinistra), ma su Macron è partita in Italia una speculazione politica dettata solo dal provincialismo e dalla disinformazione.
Chi rimpiange l’Italicum e il suo ballottaggio con premio sappia che è stato dichiarato incostituzionale proprio perché la Repubblica italiana è una repubblica parlamentare, non presidenziale né semipresidenziale.
Il ballottaggio con premio peraltro è stato dichiarato incostituzionale a prescindere dal risultato referendario e lo schema dell’Italicum, come già nell’edizione precedente, è uno schema proporzionale, quindi distante anche dal sistema elettorale francese del doppio turno di collegio.
La riforma boschiva peraltro faceva confusione e non prevedeva certo una riforma della struttura stessa della Repubblica (anzi, molti commentatori allora ci spiegarono che la forma di governo non sarebbe cambiata, respingendo le accuse di volerlo fare senza dirlo).
Che il professor D’Alimonte scriva così: «I francesi hanno eletto un Presidente della Repubblica incostituzionale. Così dice la nostra Consulta.» fa abbastanza impressione.
E secondo me c’è dell’altro, sotto il profilo politico.
Ve lo dico senza polemica: state facendo casino. Perché Trump, Le Pen, i seminazisti tedeschi e il M5s non sono la stessa cosa. E non solo perché i sistemi elettorali sono diversi, ma perché sono diverse le offerte politiche e le loro constituency.
Del resto, il principale responsabile del fallimento della riforma costituzionale è il blocco che governa il Paese (prima attraverso il premier, ora attraverso il commissario, anzi la commissaria Boschi, con cabina di regia che fa molto secolo scorso). Le Costituzioni non si riformano per un disegno di potere o per un calcolo elettorale. Né si può pensare di dividere il Paese sulla Costituzione senza pagarne un qualche scotto. Anche clamoroso.
Così come è responsabilità di quel blocco aver rotto – culturalmente e politicamente – con interi mondi, a cominciare da quelli tradizionalmente di centrosinistra, come quello della scuola e quello del lavoro (e del sindacato, oggetto di pesanti caricature e insomma svilito esattamente come fa la destra).
Così come è responsabilità di quel blocco aver dato una certa immagine del (proprio) potere, mettendosi dalla parte dell’establishment sulle partite più significative del tempo in cui viviamo: dalle banche alle grandi aziende multinazionali.
Così come è responsabilità di quel blocco aver fatto una crociata al tempo delle trivelle (vedi alla voce della transizione ecologica, negletta e rinviata) e avere rilanciato cose d’altri tempi, fino a spingersi fino al ponte sullo Stretto.
Così come è responsabilità di quel blocco aver fatto del populismo da quattro soldi (termine tecnico) sull’Europa (proprio come Macron, uguale).
Così come è responsabilità di quel blocco aver usato il linguaggio dell’arroganza e del fastidio verso il mondo della cultura e della sinistra in generale.
Così come è responsabilità di quel blocco avere fatto ricorso a bonus di ogni sorta, a scelte tutt’altro che progressive, arrivando tardi e con poche risorse ad affrontare la questione gigantesca della povertà e della marginalizzazione sociale.
Di questo si giova il M5s, se lo avete capito, prendendo spunto dalle larghe intese che certo c’erano ‘prima’, ma che sono state prolungate sulla base di un disegno politico dichiarato.
Confondere un miliardario razzista sostenuto dalla destra americana con una fascista francese e con i grillini italiani può sembrare comodo, ma non risolve la questione. E non perché non ci siano aspetti inquietanti del grillismo – che personalmente segnalai ‘prima’, nel 2012, quando tutti snobbavano l’argomento, in un piccolo libro -, a cominciare dalla democrazia interna, dalla gestione a tergicristallo della linea politica (estrema destra e estrema sinistra), dalle concessioni al leghismo e al putinismo, ma perché è un movimento trasversale come nessuno degli esempi portati. Ed è un partito della nazione, esattamente come il partito di centro che governa il paese, con l’aiuto di metà degli eletti da Berlusconi (vale la pena ricordarlo), voleva diventare.
E si giova di un altro piccolo aspetto, di una qualche rilevanza: che la carica di novità che aveva portato al potere il blocco di cui sopra, ora è finita, ed è passata a loro. Che non hanno mai governato, mentre il blocco sì.
P.S.: attenzione anche al fatto che oltre alle astensioni, in Francia quattro milioni di persone hanno depositato nell’urna una scheda bianca o nulla. A proposito di turarsi il naso, votare il meno peggio e continuare così, come se non ci fosse un domani.
P.S./2: in Francia il Parlamento c’è ancora. Aspetterei le legislative per capire come è andata ‘davvero’ a finire.
P.S./3: se proprio volete copiare, copiate questo (perché #primadeldiluvio c’è molto da imparare e la distanza con le copie italiane è siderale).
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