A questo punto ognuno si rivela per quello che è davvero.

Il processo è il risultato e viceversa: ci sono momenti nei quali tutto si ricapitola, si compone, trova una propria posizione. Una propria definizione.

I tre giorni della triplice fiducia – per la seconda volta – riepilogano perfettamente la legislatura-vergogna delle riforme incostituzionali, puntualmente bocciate, tentate e ripetute e sempre e comunque forzate.

Nell’ottobre del 17 si compie, nemmeno ci fosse di mezzo la cabala, la legislatura 17: voti segreti, 101, larghe intese, ribaltini, canguri, gufi, staisereno, (s)fiducia, sedute-fiume, aule notturne, diktat, bluff, editti, ultimatum, trucchi e furbizie. E, ancora, decisionismi a vanvera e trasformismi che vanno a comporre intricatissimi arabeschi.

Una legislatura in cui si sono fatte cose che voi umani, soprattutto di centrosinistra, non avevate mai visto né avreste potuto immaginare, che costituiranno precedenti a cui si appelleranno tutti coloro che verranno, soprattutto se sceglieranno strade autoritarie e scorciatoie parlamentari e anti-parlamentari insieme.

Cose per le quali avremmo fatto girotondi, picchetti, scioperi, campagne e requisitorie. E il ‘bello’ è che gli stessi che ora ci propinano queste cose, quei girotondi, quei picchetti, quegli scioperi e quelle campagne le hanno fatte, per tutta la loro carriera, diventando parlamentari e ministri proprio per averle fatte. Pensate a un altro numero, il 18: anni di circhimassimi e di «chi tocca muore» e poi si procede al dissolvimento di capitoli fondamentali dello Statuto dei lavoratori come se nulla fosse. Anzi, rivendicando con orgoglio l’operazione. Principi non negoziabili, negoziati. Punti fermi, rovesciati.

A fare da contorno ai protagonisti di questa stagione di follia (pochissimo lucida, peraltro), un nugolo di commentatori fino a ieri indignati, costituzionalissimi e partigiani che, nel corso della legislatura numero diciassette, si sono trasformati in sostenitori di tutte le stronzate che ci venivano proposte, pasticci assurdi, abolizioni e rottamazioni che non lo erano, riforme talmente epocali da essere già state archiviate.

Chi contestava Berlusconi e Gheddafi, è diventato Minniti. Chi ce l’aveva con le grandi opere, si è fatto trivella, Valsusa, potendo anche ponte di Messina. Chi era rinnovabile, è diventato fossile. Chi denunciava il conflitto di interessi, c’è rimasto sotto. Chi era parlamentarista, è diventato antiparlamentarista di fatto. Chi arginava i populisti, lo è diventato. Chi difendeva le «regole», le ha sovvertite.

C’è chi mi accusa di tradimento: segnalo che di fronte a tutto questo, al rovesciamento del programma elettorale con cui ci presentammo alle elezioni e, ancora peggio, di tutta una storia politica e del rispetto delle istituzioni, ecco, forse dovreste riflettere, cari amici arroganti che in questi anni avete sostenuto tutte le cose sbagliate che ora si ritorcono contro una classe dirigente di irresponsabili.

A questo punto ognuno si rivela per quello che è davvero.

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