Andai a Nardò nel 2011 in occasione del primo sciopero dei braccianti e ne scrissi qui.
Dopo tanti anni, le notizie ci riportano ai campi leccesi, per una storia orrenda di sfruttamento, di caporalato, di omertà, di indifferenza dei produttori e della grande distribuzione, di contributi pubblici dati anche a chi tratta i lavoratori come schiavi.
Ne scrivono Corriere e Internazionale.
Storie che rimbalzano da un capo all’altro della penisola, dal Pontino raccontato da Marco Omizzolo alla schiavitù delle donne nel Ragusano.
Controlli e relative sanzioni dovrebbero essere costanti e inflessibili e non lo sono, in un mondo fuori dalla legge e dalla dignità umana, che finisce però sulle nostre tavole, nelle nostre case. Non bastano le leggi, parziali, peraltro, se non si muovono, insieme, lo Stato e chi detiene il potere economico. «Qui si è sempre fatto così», mi dissero sei anni fa. E si continua nello stesso modo, senza fare una piega.
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