Per la prima volta da tanto tempo (ve lo dice chi questo problema se l’è posto parecchio tempo fa) una certa fibrillazione attraversa il panorama politico italiano.
Il partito del governo ha approvato con fiducia una legge elettorale che premia le coalizioni senza averne una, anzi avendone negato l’importanza fino a poco tempo prima (vi ricordate l’Italicum, votato nello stesso modo? E il partito della nazione? E la vocazione maggiorataria?). Coalizioni peraltro insincere, in cui ciascuno ha il proprio «capo» e il proprio programma, apparentamenti della domenica, relazioni che durano un fine settimana soltanto: l’espace d’un weekend.
Da qualche ora sono tutti alla ricerca della coalizione immaginaria, come quegli amici con cui si finge di parlare, ma non esistono: anche Alfano, tipo canarino delle miniere, inizia a capire che non si va molto lontano. Non ha fatto risultato nella sua Sicilia, mentre gli alfaniani senza Alfano hanno fatto un risultato doppio del suo.
Verso sinistra, nonostante il risultato del 4 dicembre scorso, nonostante gli appelli di molti commentatori per aprire una riflessione su ciò che è successo in questi anni, nulla si è fatto, se non registrare l’abbandono di Grasso e di altri.
Nei prossimi giorni potrebbero esserci altre defezioni o, meglio, altre prese d’atto che con chi propone «un altro Jobs Act», in uno schema tetragono, non si possa dialogare.
Questi atteggiamenti spingono anche Godot a decidersi.
E se arriva anche Godot, non ce n’è più per nessuno…
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