«In quale casa dovremmo aiutarli?», si chiede Lucio Cavazzoni.

Perché a casa loro li stiamo sfruttando, da casa loro li stiamo sfrattando. Li abbiamo costretti con la forza (economica e militare) a ipotecarla, casa loro. L’abbiamo smontata, casa loro, per portare via tutto ciò che avevano di prezioso, come preziose sono le pietre, per il nostro lusso e la nostra tecnologia. L’abbiamo comprata, casa loro, come la terra intorno alla loro casa, per decidere poi come usarla, cosa coltivarci, quale legge economica imporvi. L’abbiamo desertificata, la loro terra, con i nostri consumi. L’abbiamo bombardata, con le nostre armi, con interventi diretti o vendendo loro strumenti di distruzione di massa, contro la nostra Costituzione e contro le nostre stesse leggi. Abbiamo anche smesso di «aiutarli», tra millemila virgolette, perché le risorse della cooperazione internazionale – comunque inferiori a quanto da casa loro portiamo via ogni giorno, ogni anno – sono state ridotte per via della nostra crisi economica.

Abbiamo completamente perso la misura, così come la perdiamo per gli arrivi e per l’accoglienza, ogni giorno, affidandoci ai nostri luoghi comuni, di cui stiamo riempiendo le nostre case, proprio mentre si svuotano le loro.

L’indifferenza ci conforta, a casa nostra. E mentre alziamo i muri, qui, a casa loro i muri cadono, vanno in rovina.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti