No, non sto parlando dello scandaloso condono che il governo ha approvato e che ora è al vaglio del Parlamento. Sto parlando dell’«evasione» di persone dal nostro paese, il contrario dell’«invasione» su cui molti speculano.

Marco Tiberi ha letto il rapporto Migrantes sugli italiani all’estero e mi scrive così: «Continuano ad aiutare chi evade il fisco e non fanno niente per chi evade dal paese». Tiberi prosegue:

Del fatto che dalle nostre parti continuiamo ad occuparci dei problemi sbagliati, ci arriva una ennesima conferma dal rapporto Migrantes sugli italiani all’estero che ci dice che dal 2006 al 2018 gli emigranti italiani sono aumentati del 64,7%.

All’inizio del 2018, i residenti all’estero e iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani Residenti all’Estero) erano 5.114.469, l’8,5% della popolazione nazionale.

Sappiamo bene che in realtà i numeri sono più alti, perché non tutti i nostri concittadini che sono andati a vivere altrove sono anche iscritti all’anagrafe. Ci sono tutti questi “cervelli in fuga”, quindi?

Il rapporto ci dice che gli italiani che fuggono o che scelgono di andare via, lo fanno per i motivi più disparati e nella maggior parte dei casi, il cervello non c’entra niente: «la mobilità italiana oggi è spinta da un ventaglio plurimo di motivazioni che vanno dalla ricerca dell’indipendenza economica e di una occupazione a necessità di ordine sentimentale e/o culturale dal bisogno di sentirsi realizzati all’urgenza di inseguire nuove opportunità di vita».

Questo vuol dire che una percentuale sempre più alta di nostri concittadini non riesce ad essere autonoma economicamente, non riesce a trovare un lavoro, non riesce a mettere in piedi una famiglia, non ha gli strumenti per perseguire la propria realizzazione personale e non ha opportunità di cambiare la propria condizione o di migliorarla.

È la fotografia impietosa di un paese moribondo, fermo, che assiste inerme alla desertificazione di se stesso. E non si pensi che stiamo parlando soltanto di giovani, il 17,4% dei nostri emigranti ha tra i 50 e gli 85 anni. Tra loro ci sono pensionati che a casa loro non riescono a sopravvivere e sono costretti ad andare dove la vita costa meno, ci sono disoccupati che non hanno più speranza di trovare un altro impiego e ci sono anche i cosiddetti emigranti “di rimbalzo”, persone che sono emigrate tanti anni fa, sono tornate pensando di aver fatto abbastanza sacrifici e, invece, sono costrette ripartire. E non si creda che l’emigrazione sia un fatto soltanto di piccoli paesi del Sud: Roma, Milano, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. La Lombardia è la regione dalla quale si emigra di più. Questi sono dati dei quali nessuno si occupa, impegnati come siamo a non guardare in faccia la realtà.

C’è da chiedersi se non siano già emigrati anche tutti quelli che consideravano la politica un mezzo per migliorare le condizioni delle persone e non soltanto una macchina per il consenso.

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