Credo che questo sia il pericolo maggiore: pensare che quanto stiamo facendo non riguardi direttamente la conservazione della nostra civiltà, non si parli nemmeno della sopravvivenza della nostra specie. Come potrebbe l’estinzione di piante, insetti, alghe, uccelli, mammiferi vari, influire sulla nostra sopravvivenza? Ok, è triste che i rinoceronti, i gorilla, le balene, gli elefanti, le banane, le foche monache, le lucciole, le violette si estinguano ma, alla fine, che li ha mai visti? Viviamo in città. Per noi urbani, la natura è roba da documentari, niente a che vedere con noi. A noi interessa lo spread, il pil, l’euribor, il nasdaq, sono queste le cose che possono far crollare le civiltà come le conosciamo. Sbagliato! Lo ripeto, è l’idea – talmente diffusa da essere diventata un luogo comune – che noi umani siamo fuori dalla natura che è veramente pericolosa. […]
Essere consapevoli del disastro che i nostri consumi stanno creando dovrebbe renderci tutti più attenti ai nostri comportamenti individuali, ma anche arrabbiati verso un modello di sviluppo che, per premiare pochissimi, distrugge la nostra casa comune.
Stefano Mancuso, La nazione delle piante, Laterza, Bari-Roma 2019, pp. 79-80.
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