Permettetemi, tra le mille letture che vi sto proponendo in questi giorni (si parva licet), un brano del vostro affezionatissimo del 2012. Per dire che è da tempo che da queste parti si sostengono certe cose.
Green vuol dire democratico
“Sul sole dell’avvenire oggi discutono più gli scienziati che i comunisti”, disse una volta Enrico Berlinguer.49 L’ambiente è strategico. Politicamente. Correva l’anno 1983. Sono passati trent’anni, ma i termini della questione sono cambiati pochissimo, se è vero che l’Italia è l’unico Paese europeo a non avere una forte rappresentanza ambientalista in Parlamento. E una forte presenza del tema nel dibattito pubblico.
La scomparsa del futuro dalla politica italiana coincide con la scarsa rilevanza attribuita alle questioni ambientali, che invece sono decisive. Anche sotto il profilo economico. Per il domani, ma anche per l’oggi.
Non ci sono alternative se non le alternative
È l’ennesimo capitolo delle “cose mai viste”, delle battaglie poco considerate, delle piccole cose, del sapere diffuso, spesso artigiano, che la politica dovrebbe considerare con maggiore attenzione e rispetto. Come si è visto nel caso della campagna referendaria per l’acqua pubblica e contro il nucleare, durante la quale i promotori sono stati a lungo “snobbati” dalla politica istituzionale, nonostante la notevole popolarità degli argomenti e delle “battaglie” che promuovevano.
Ci vogliono volontà, iniziativa, cooperazione, rete, capacità di aggregazione: uno sforzo individuale e collettivo insieme, ci vuole.
“Economia verde” è un’endiadi. Non ci può essere economia se non verde, e il verde deve essere integrato nei processi produttivi. Sempre.
E, come sempre, ci vogliono politiche, non solo sussidi o incentivi, ci vuole un orientamento diverso o, per usare un’espressione molto felice, una “conversione ecologica”. Che diventi sentimento popolare. E missione collettiva di un Paese che si vuole salvare. Ammesso, appunto, che lo voglia davvero. O che preferisca lasciare campo libero alla speculazione, da una parte, e alla rassegnazione, dall’altra.
Giuseppe Civati, 10 cose buone per l’Italia che la Sinistra deve fare subito, Laurana, Milano 2012, pp. 141-143.
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