Era un po’ di tempo che ci pensavo, però dopo aver letto millemila email e analisi del voto e del vuoto e formule politicistiche che si rincorrono, ripartenze che non ripartono, mi viene un commento, non simpatico, né popolare.
Ma se siamo tutti così preoccupati per la situazione, esattamente, noi, che cazzo stiamo facendo?
Sappiamo tutto del «voto utile», delle percentuali, delle alleanze, delle composizioni, ma perché non ci dedichiamo all’«impegno utile» per fermare la deriva e cambiare questo benedetto Paese?
Commentiamo tutti quanti tutto quanto, e invece dovremmo agire. Iscriverci a un partito, a un sindacato, a un’associazione, a qualcosa. Facciamolo. Facciamolo insieme ai nostri amici, a chi la pensa come noi.
Altrimenti è tutto tipo spirito delle scale, che siamo già andati via, e la festa è finita da ore.
Siamo un popolo a posteriori. Diamoci una svegliata, nel modo in cui ci sembra più semplice farlo, più immediato, non importa nemmeno quale sia, ma facciamolo.
Non dire qualcosa di sinistra (o almeno qualcosa), come diceva Moretti. Farla. Perché il commento del dopo, il senno del poi, la coscienza del quando tutto è già passato è buono solo per incartare l’insalata, per darsi un tono, per crogiolarsi nel disastro.
Ora mandatemi anche a quel paese, però un like o un maledettissimo emoji non basta. Né il commento veloce, spiritoso, che banalizza tutto. Ci vuole qualcosa di più. Tipo un’ora alla settimana, come la palestra, una sera per discuterne, un banchetto o una manifestazione nel fine settimana, che poi si rimane in giro, eh.
Altrimenti non lamentiamoci. Perché stare tutto il giorno a commentare l’incommentabile non solo è inutile, è quasi immorale.
P.S.: segnalate a Makkox che ho scritto cazzo, lui sa che cosa significa e che il momento è grave.
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