Ne ho già scritto tempo fa, ma mi pare che chi contrappone fine del mondo (questione climatica) e fine del mese (questione economica e sociale) si sbagli di grosso.
Lo fanno i denigratori dei Verdi e lo fanno gli stessi Verdi del nostro paese, autorappresentandosi.
A me pare del tutto chiaro invece che le due questioni siano intimamente collegate. Perché solo un progetto di società diverso, in cui si arrivi alla fine del mese e si eviti la fine del mondo, possa salvarci. E, soprattutto, funzionare. E non è un fatto ideologico, ma un ragionamento politico, nemmeno tanto complesso.
Solo se investiremo; se distribuiremo la ricchezza prodotta con la tecnologia (che può diventare amica dell’ambiente, non solo sua nemica), se troveremo una missione che non riguardi i singoli, ma abbia un carattere strategico generale, valido per tutti; se faremo l’efficienza energetica; se risparmieremo soprattutto su ciò che non abbiamo; se faremo ricerca e la sosterremo; se creeremo lavoro buono perché qualificato, usciremo dai guai.
O davvero c’è qualcuno che pensa che fare spesa pubblica a vanvera, distribuendo soldi che non ci sono, facendo regali a questo o a quello o addirittura abbassando le tasse ai benestanti e ai ricchi andremo da qualche parte? Davvero?
O forse qualcuno crede che possa tenere un patto sociale basato sul lavoro cattivo e mal retribuito?
O forse qualcuno crede che scorrendo le dichiarazioni del governo e troppo spesso anche dell’opposizione ci sia qualcosa che ci parla del futuro?
Capisco la passione per il dibattito entomologico sul governo (una volta lo si faceva sul centrosinistra, segno dei tempi), però la salvezza sta da un’altra parte. E chi si prende cura della fine del mondo lavora perché la fine del mese non sia una tragedia per troppe persone. Le due cose si tengono e si spiegano, insieme.
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