Quei maledettissimi geni di Iperborea hanno messo a segno un altro colpo micidiale. L’ultimo numero della loro rivista – che non poteva che chiamarsi Passenger – è dedicato alla Norvegia. Bene, se volete capirne un po’ di più di clima e di contraddizioni (totali) legate ai cambiamenti climatici, leggetelo.
Petrolio, salmoni, miniere, tutto si complica, mentre i norvegesi diventano ricchi come emiri, Oslo si trasforma in una città irriconoscibile e completamente nuova – e straordinaria, se volete un parere, i fiordi diventano allevamenti a cielo aperto (a mare aperto, meglio), c’è anche un iracheno che ha sistemato il petrolio norvegese in modo pacifico mentre nel suo paese era causa d’ogni conflitto e un’isola che per via del baccalà dipende dal piccolo Portogallo che ne va ghiotto oltre ogni misura.
Segnalo con particolare enfasi un pezzo di Morten Strøksnes, che forse conoscete per Il libro del mare, che già aveva reso preziosa l’estate del 2018, e un reportage da Kirkenes di Marzio G. Mian, uno dei miei autori preferiti, che sa tutto di tutto di Artico, di geopolitiche al di là del circolo polare, di rinnovati interessi delle superpotenze (di Mian Neri Pozza aveva pubblicato (Artico: La battaglia per il Grande Nord, altro libro consigliatissimo). Kirkenes è anche la città natale di Strøksnes, noterei en passant se qualcuno da Kirkenes fosse mai passato.
Uno dei posti più isolati del mondo, destinazioni tipo Amundsen (che dà il nome a una pasticceria). Abbandonato da dio e dagli uomini e però tornato prepotentemente – si dice così – al centro della scena politica internazionale.
E mentre osserviamo che si scioglie tutto, dall’Islanda alla Marmolada, mentre si registrano alluvioni senza precipitazioni e va a fuoco il ghiaccio, si capisce che il mondo cambia, per via dei cambiamenti climatici. Noi no, noi non ce ne curiamo, perché siamo dei colpevoli coglioni, che basta leggere un libro per rendersene conto. Ma noi nemmeno leggiamo, sappiamo già tutto, no?
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