Ne avevo parlato già in una delle ultime tappe del Tour Antiorario, in cui l’elettricità a corrente parecchio alternata mi conduceva sobriamente lontano dai luoghi comuni del dibattito pubblico. Però seguire Georges Simenon su una barca a vela in mezzo al Mediterraneo è molto più di una lettura d’evasione, appunto. È un viaggio nel mare piccolo, nella nostra cultura, in quel villaggio mediterraneo abitato da cugini, come nota con dolce perfidia il nordico autore, che non riesce però a dileggiare senza dimostrare rispetto e ammirazione per il “nostro” mare (che sarebbe nostro, ma anche degli altri, eh, di chi si affaccia, come si usa nelle città parlando di frontisti, che sembra un paragone molto forzato, ma per Simenon non lo sarebbe).

È però per una ragione meramente editoriale e letteraria se ci torno, per la rassegna de #ilibrideglialtri.

Perché a un certo punto, Simenon, approdato a Messina, dopo aver fatto indigestione di gelati, scrive una cosa che è tipo l’abc, la regola aurea, la questione delle questioni.

Eccola, senza aggiungere altro.

Quand’ero piccolo potevo leggere come tutti gli altri, perché non ero ancora del mestiere e assaporavo i libri con assoluto candore.

Allora ho giurato di non scrivere mai per quelli che già sanno.

Mi spiego. Uno scrittore, tanto per fare un esempio, va in America. Torna e scrive un libro sull’America. Probabilmente ci aspettiamo che cercherà di darci una sua idea del paese che ha visitato.

Macché! Generalmente chi torna dall’America scrive un libro per quelli che ci sono andati prima di lui. Non sa resistere alla tentazione di fare sottili allusioni che possono essere colte soltanto dagli iniziati, di servirsi di parole ignote al comune lettore, in modo tale che quei pochi francesi che hanno fatto lo stesso viaggio commentino con un sorriso malizioso:

«È proprio così. Ci è stato davvero in America… e anch’io!».

Georges Simenon, Il Mediterraneo in barca, Adelphi.

#ilibrideglialtri

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