Alfio Sironi, che con me presenterà Voi sapete venerdì sera a Barzanò, mi dice: il libro è uscito due anni fa e però più passa il tempo e più è attuale.
È insieme un complimento e una tragedia, sentirsi dire così. Perché Voi sapete l’ho scritto di getto alla fine del 2017 per denunciare l’oscenità di ciò che accadeva – e purtroppo ancora accade – in Libia, con il consenso e il sostegno italiano ed europeo. Un sostegno diretto, politico ed economico. Un sostegno interessato, perché tortura, stupro, ricatto, schiavitù sono gli strumenti per «gestire» i «flussi» dell’immigrazione.
Il reportage di Nello Scavo per Avvenire, che ogni giorno offre dettagli sempre più precisi sui rapporti tra lo Stato italiano e uno dei trafficanti più schifosi, ha riaperto un caso che – ne sono certo – chi governa farà di tutto per chiudere alla svelta. Seppellendolo sotto la sabbia del deserto, come centinaia di morti.
Scriveva ieri Francesca Mannocchi, con cui mi confrontai già allora:
La sfacciataggine con cui esponenti del governo Gentiloni – direttamente coinvolti nelle negoziazioni con la Libia due anni fa – stanno cercando di ripulirsi curriculum e reputazione a colpi di tweet indignati, è farsesca e indecente.
Gentiloni ora è in Europa. Giusto premio, perché è l’Europa stessa ad avere demandato la «gestione» all’Italia, che a sua volta la demandava alle bande libiche, istituzionalizzate nella retorica e nella sostanza politica dal ministro di allora, Marco Minniti. I nostri confini sono presidiati da criminali, con cui abbiamo fatto accordi precisi, sapendo benissimo di chi si trattasse. Un lavoro sporco, indecente.
Non ho memoria di una vergogna così grande per il nostro Paese. Qui non si tratta soltanto di «voltare la testa dall’altra parte», come spesso ci ammonisce di non fare Liliana Segre, perché l’indifferenza è la violenza più grande. Qui si tratta di una responsabilità precisa, di una scelta, di una decisione.
C’è un mare nero, solcato da disperati. E c’è un deserto, al posto della nostra coscienza. E della nostra Costituzione.
La violenza, che giustamente ci fa inorridire quando riguarda noi, sul suolo italico, è ammessa, richiesta, auspicata ai nostri confini. E non riguarda casi isolati, ma una vera e propria strategia che coinvolge decine di migliaia di persone. Ma per noi persone non lo sono. Per noi sono numeri, che preferiamo non contare.
Quando queste cose le dicevamo in Parlamento, eravamo un piccolo, microscopico gruppo di persone, perché erano tutti d’accordo. Dall’estrema destra al sedicente centrosinistra, allora al governo, perché si andasse avanti così, all’insegna della riduzione e del taglio. Non dei parlamentari, dell’umanità. La metafora è dura? Sappiate che lì le persone – le non persone – le tagliano davvero. Per ricattarle, per abusarne, per privarle della dignità. A noi tutto questo piace, le nostre tasse servono anche a questo. E non ne risponderà mai nessuno, perché va tutto bene così. Un trionfo.
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