La Lombardia. Una classe dirigente in pompa magna e funebre. Gli interessi sopra ogni cosa. La cognizione, tardiva, del dolore. Le grida manzoniane senza forse averlo letto, nemmeno, il Manzoni. Il riaprire tutto, a cui manca solo Sesamo: formule magiche, già rituali, insensate. Il Pio Albergo Trivulzio che ritorna sulle prime pagine dei giornali. Le Rsa come camere ardenti. E ardenti le dichiarazioni di un assessore che dice di aver approfondito e che sì, avrebbe potuto istituire la zona rossa a Bergamo e in Val Seriana. Però non lo ha fatto. Confindustria con Bergamo che corre e Milano non si ferma. Una vita in diretta, senza domande, senza risposte, soprattutto. Il grottesco carnevale per inaugurare un ospedale Covid. Le bare di Bergamo sui mezzi militari. Un presidente che parla di una giornata splendida, quando muoiono centinaia di persone e migliaia si contagiano.
Non mi sorprende, perché è una terra che ha pensato di poter fare a meno della politica. La terra del faraone Formigoni, per vent’anni. Con la giunta arrestata: l’ultimo assessore, quello che spense la luce e chiuse la porta, nel 2012, perché accusato di comprare i voti dalla ‘ndrangheta. La terra del “privato è politico”, ma non in quel senso, perché è piuttosto il suo rovescio, il “politico è privato”. Anche perché della politica si può fare a meno, a meno che non serva ai potenti. Serva dei servi.
Il Franco, la Carla, ma non la politica. Quella è brutta, sporca, cattiva. E allora facciamola fare a quelli brutti, sporchi, cattivi. Funziona!
Se il politico è pirla, ancora meglio. Del resto è una roba da pirla, la politica.
La Lombardia in cui lo sciò deve continuare, tanto che al governo ci sono quelli di prima, di sempre. La Lombardia delle eccellenze. Del padroni a casa nostra, ora in casa nostra. Del “tanto stiamo tutti bene”, di che cosa vi lamentate?
«Libera la sedia», fu lo slogan di anni fa. Liberatele tutte. Liberiamoci tutti.
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