La vicenda di Eddi Marcucci, che abbiamo più volte raccontato, è esemplare di mille cause perse, neglette, dimenticate che abbiamo deciso di fare nostre.
Nel suo caso si tratta di una misura sproporzionata e assurda, di cui pare non interessarsi nessuno. Liberali, tutti, ma senza libertà.
Un’inversione della realtà, perché siamo tutti d’accordo che il terrorismo dell’Isis vada combattuto ma poi riteniamo pericoloso chi lo fa.
Vale per lei, per la sua assurda sorveglianza speciale, vale per il Rojava, vale per l’aggressione subita dal popolo curdo, vale per troppe storie del Medioriente, vale per la Libia, vale per il Mediterraneo, vale per la Palestina, e ora ci si augura che Biden cambi rotta, almeno su questo.
Così Patrick Zaki, lontano dagli occhi e dal cuore di chi governa, esclusivamente preoccupato di ribadire i rapporti commerciali con il regime che tiene uno studente di Bologna imprigionato senza una ragione.
Lo stesso accade alle storie che Marco Omizzolo raccoglie e racconta su Ossigeno e che presto saranno in un libro, a proposito del «sistema dello sfruttamento» che nessuno pare interessato a far saltare e qualcuno addirittura osa difendere con arroganza e disprezzo per l’umanità.
Così per Djarah Kan e Oiza Queensday Obasuy e la loro puntuale denuncia del nostro razzismo e dell’incapacità di indagare la nostra storia nazionale. Identitari tutti, ma senza identità.
E così anche per la laicità e l’eterna lotta contro il moralismo senza morale che continua a attraversare il Paese.
Noi lo sapevamo che sarebbe stato un autunno difficile. Lo sapevano tutti. Tutti sapevamo che si sarebbe parlato soltanto di Covid senza fare quasi nulla di ciò che serviva.
Abbiamo voluto sottrarci a un atteggiamento irrazionale che ha attraversato il Paese a ogni livello, perché in questo caso non vale la celebre frase di Marx – la prima volta in tragedia, la seconda in farsa – perché la tragedia è grande più della prima.
Ci siamo attrezzati, abbiamo orientato il nostro lavoro in modo diverso, siamo stati tra i primi a rinunciare a eventi pubblici, a dissuadere dall’organizzarli, evitando rischi che non avevano alcun senso e a dedicarci ad altro. Senza cedere alla rassegnazione e alla rivendicazione. Lavorando più di prima.
Le nostre promozioni a questo mirano: invitare a leggere un po’ di più. E a far circolare idee e cause che altrimenti incontrerebbero solo vicoli ciechi. E anche sordi.
E gli autori più prestigiosi e popolari a questo soprattutto “servono”: a consentirci di dare voce a chi non è noto, è esordiente, non andrebbe da nessuna parte, se qualcuno non gli desse credito e opportunità.
Ecco il senso di People. Una casa editrice che è soprattutto una causa. Persa, penserà qualcuno. Che, però, sbaglia. E continuerà a sbagliare.
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