Saranno feste immobili, per “rovesciare” Hemingway. Ma non è esattamente vero che non possiamo andare da nessuna parte.
Possiamo leggere. Magari insieme o a distanza o in parallelo.
Che bello sarebbe che so leggere Happydemia di Giacomo Papi e scriverne e parlarne tra noi. Oppure, si parva, un libro People. Pensateci. L’albero di ghisa e di ponteggi Dalmine del Pojana per addobbare il capannone. Le camminate di Stefano Catone lungo i confini. Le parole di AOC come viatico verso il 2021 e verso il futuro. Le morti a ripetizioni di Peppe Bortone. Makkox e le sue ucronie, che giusto di un’ucronia avremmo bisogno.
Sono vietate le crociere, ma non le scorribande letterarie nei mari del Sud, risalire il fiume Congo, viaggiare tra i ghiacci, mentre infuria la tempesta, là fuori.
Sono praticamente vietati i treni, ma corre una Ferrovia sotterranea, che di questi tempi è proprio il caso di leggere.
Le città saranno un po’ un deserto, vero, però lo si può attraversare, il deserto, e le steppe, verso Samarcanda e oltre, seguire una pista nella Barcellona di Carvalho o di Petra, fermarsi in quei posti che Simenon ha inventato, lassù, sulla costa atlantica.
E se non sapete dare un senso alla fine dell’anno, c’è sempre Il senso della fine di Julian Barnes.
Oppure si può salvare il pianeta (solo?).
Non si può viaggiare ma si possono preparare, i prossimi viaggi, magari facendosi aiutare da Passenger.
Non si può vedere la zia, ma magari la si può sottrarre alla morsa del classico libro di Vespa.
Insomma, l’operazione #Jólabókaflóð è scattata. E se leggete il primo dell’anno, leggete tutto l’anno.
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