Vassalotti registra anche oggi, in una domenica uggiosa, una crescita più vigorosa dei giorni precedenti nell’adesione a Possibile. Piove a scrosci a Roma, e poi il cielo si apre, e la luce è meravigliosa. A Vassalotti piacerebbe trovare la stessa serenità. Ma qui piovono tessere e lui l’ombrello no, non ce l’ha.
Richiama Coloccini, magari l’Arma ha altre informazioni. Coloccini, però, non può che confermare. Dopo i giovanissimi è il momento delle sorelle e dei fratelli maggiori, compagni che hanno conosciuto stagioni politiche più o meno felici e che si ritrovano con persone che hanno la metà dei loro anni alla prima esperienza a condividerne una nuova, di esperienza.
Al cinismo di Vassalotti tutto questo appare come un fenomeno stucchevole, insensato, destinato a sicuro fallimento. Un inutile esercizio. «Che cosa sarà mai?», si dice, mentre la divisa non trattiene più l’acqua che gli è caduta addosso. «Vuoi mettere queste libere adesioni con chi il potere lo detiene e sa che cosa fare?». «Ed è soprattutto pronto a negare se stesso per l’ennesima volta per rimanere al proprio posto?».
Tutti a parlare male del trasformismo e invece tutti vi fanno puntualmente ricorso. Tutti a prendere in giro i transfughi, ma se non ci fossero loro!
Vassalotti lo sa, ne ha visti passare. Appoggiato alla balaustra di piazza del Quirinale, vede aprirsi un cielo (come) nuovo. E le domande nella sua testa, come le tessere, si moltiplicano.
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