Nemmeno Draghi ne ha fatto accenno nel suo “discorso di investitura”. A noi tocca insistere, perché teatri e cinema e le centinaia di migliaia di persone che lavorano nel settore tornino a poter operare, in sicurezza. E con una prospettiva che dopo un anno intero ancora non c’è.

Fare la fine l’inizio della Grecia, dicevamo.

Leggete qui:

«Troveremo ovvie analogie fra le riunioni dell’Assemblea della Pnice e le rappresentazioni nel teatro distante un po’ meno di un chilometro: l’impegno della massa del pubblico, la partecipazione attiva di un gran numero di cittadini, l’eloquenza degli oratori e degli attori».

Le analogie valgono anche se oggi paiono rovesciate: pensate all’unico vero assembramento politico, il governo attuale, in cui sono tutti assiepati.

E ancora:

«Il teatro […] prosperò e raggiunse un così alto grado di perfezione nell’Atene del V secolo appunto perché non era un’attività marginale in una società poco compatta, ma occupava un posto centrale nella vita e nel pensiero – nonché nella spesa pubblica – di una comunità strettamente unita».

Spero sia chiaro e non sia necessario aggiungere alcun commento.

[Le citazioni sono tratte da H.C. Baldry, I Greci a teatro, Laterza, 1972 e 2018, rispettivamente a p. 25 e a p. 28]

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