Ieri ero seduto a un tavolino di un bar. Si avvicina un ragazzo. Ma lui è Pippo Civati, tipo Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo.
E mi pone la domanda che – alcuni, non pensiate siano milioni – mi pongono da tempo: «Quanto torni? Torna!».
Ecco, come ho cercato di spiegare in un piccolo libro – Una meravigliosa posizione – non me ne sono mai del tutto andato, ma ho scelto di andare a lavorare, fondare una casa editrice, prendere una rincorsa per così dire culturale rispetto a una politica che la cultura l’aveva bandita, ostracizzata, esorcizzata. Con i risultati che possiamo apprezzare, ogni giorno di più.
E ho lasciato ogni incarico perché – come scrissero una volta i Camillas – le cose non andarono bene.
Ma c’è un punto sul quale vi vorrei far riflettere: non devo essere io a tornare. Dobbiamo tornare tutte e tutti, essere tanti e organizzati. E crederci.
Altrimenti non funziona: nemmeno il drago solo al comando, nemmeno l’uomo della Provvidenza (che a me viene sempre in mente Verga e mi prende la malavoglia). E non bastano nemmeno le brave persone, oneste e sincere (che sarebbe già tanto, mi rendo conto).
Ci vuole un progetto politico, coerente, studiato, ragionato, chiarito in ogni dettaglio.
Se ci sarà e potrò contribuire a dare fiato a questa voce, tornerò. Anzi, torno anche subito.
Non a qualsiasi costo, però. A determinate condizioni, come si suol dire. E non per fare il prezioso, perché far l’editore mi piace un sacco. Solo per evitare di fare una cosa inutile e di farla fare ad altri.
Spero si sia capito. Il ragazzo di ieri se ne è andato. Chissà se torna. Anche lui.
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