Io odio le giornate mondiali di qualsiasicosa, perché sono quasi sempre giornate mondiali dell’ipocrisia.

Però non posso esimermi – proprio oggi – che è la giornata mondiale (parecchio ipocrita) del libro.

E non citerò per l’occasione un libro nostro, ma uno de #ilibrideglialtri, con una tesi provocatoria e paradossale e però molto condivisibile.

Ci troviamo in una libreria immaginaria, Claudine et les chats, la proprietaria e sacerdotessa Madame Albertine, ha coniato un motto: «Leggere non serve a niente».

I vecchi amici sorridono e scuotono la testa, i nuovi clienti restano interdetti, quasi feriti, soprattutto i cosiddetti lettori forti, quelli con la pila di volumi sempre in bilico sul comodino, quelli che non li prestano mai, non fanno le orecchie alle pagine, non vanno in biblioteca e tengono nel cassetto l’elenco degli acquisti futuri, un paio di racconti autobiografici e un romanzo incompiuto. Albertine però è sempre stata categorica.
“Se non ci metti del tuo prima e dopo,” spiega ormai da decenni ai pochi coraggiosi che osano chiedere, “leggere è l’attività più inutile della terra. Poniamo che tu sia una vergine di ventisei anni o un aspirante rivoluzionario sessantenne in ciabatte e pigiama: credi di riuscire a perdere la verginità o a fare la rivoluzione ingozzandoti di storie passionali o scatenando la tua coscienza politica con Nečaev e Bakunin? No: i libri apriranno anche la mente, ma poi sei tu che devi darti da fare.”

Chiara Bongiovanni, Maschi e murmaski, Feltrinelli, Milano 2021.

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