Uscivo dal Partito Democratico. Anzi, uscivo dalla maggioranza che approvava leggi elettorali e riforme costituzionali e Sblocca Italia e Jobs Act e Buona Scuola e quindi dal Partito Democratico.

In questi sei anni ne sono successe, di cose.

Il Pd ha approvato una legge elettorale presto dichiarata incostituzionale e, in seguito, ha guidato l’approvazione del Porcellum bis, il cosiddetto Rosatellum, che sarebbe il caso di chiamare Capestrum. Un sistema elettorale studiato per far perdere i 5 stelle, che infatti le elezioni poi le vinsero. Favorì anche l’avanzata clamorosa della destra, sia detto per inciso. Un capolavorum.

Ha perso il referendum costituzionale con una campagna populistica, trasformando la Costituzione in un terreno di battaglia elettorale, ha fatto un governo identico a quello che per la sconfitta clamorosa si era dimesso, cambiando il premier e mettendo Minniti a “risolvere” il problema dell’immigrazione.

Poi ha perso le elezioni, negando qualsiasi possibilità di alleanza alle altre forze di sinistra, salvo i satelliti, ovviamente.

Ha cambiato tre segretari. Il precedente segretario si è dimesso con una letteraccia, quelli ancora precedenti se ne sono andati e hanno cambiato partito, l’attuale si era preso un lungo sabbatico per essere stato defenestrato anni prima.

Tutti renziani prima, tutti antirenziani ora.

Nel frattempo ha negato la possibilità di formare un governo con i 5 stelle, favorendo la crescita di Salvini, poi ha formato un governo con i 5 stelle tenendo lo stesso premier di Salvini, poi si è ritrovato a governare con Salvini. E con Berlusconi, per non dimenticare i vent’anni precedenti.

Prodi ha messo la tenda, spostato la tenda, messo la tenda, come in quel film.

Non è satira, è ciò che è successo. Niente di più, niente di meno.

Si è rarefatta la sua constituency politica, i protagonisti però sono sempre gli stessi, si scambiano di posto. Hanno correnti che si distinguono solo per il nome di chi le guida e per il numero di parlamentari – che peraltro le cambiano spesso, le correnti di appartenenza -, non certo per la politica.

Ora ci sarà la corsa al Colle. Letta alla segreteria, Draghi al governo, crescono le chance per Dario Franceschini, che sta dedicandosi a questo obiettivo da anni e che è il vero leader del partito. Sua Franceschinità.

Penso sia venuto il momento di fare altro, di cambiare prospettiva, di pensare in modo totalmente diverso.

Il Pd è e sarà sempre così. L’unico modo per cambiarlo è non votarlo e scegliere un altro percorso.

Prima ce ne accorgeremo, prima risolveremo il problema. Altrimenti, come già dai precedenti, vincerà la destra. E vincerà tanto. E largamente.

Sei anni fa, era di maggio.

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