Impazza il dibattito, a volte toccando vette altissime – si fa per dire -, altre per ragionare in modo sofisticato su biopolitica e controllo sociale.
Lasciando da parte gli argomenti demagogici, che anche definire “populisti” è fargli un regalo grande, mi interessano di più i secondi.
Allora, veniamo a ciò che penso: il vaccino non è un fatto individuale. Se così fosse si porrebbero le obiezioni filosoficamente più credibili. Il vaccino è un fatto sociale, basato su un elemento relazionale. Ovviamente in una società come la nostra questo aspetto non è affatto di moda: tutti concentrati su se stessi, sulla propria libertà, estesa al massimo al livello familiare. Poi si apre il baratro.
Il vaccino per funzionare lo devono fare tantissimi, quasi tutti. Quindi dipende dalle scelte di ciascuno e dalle motivazioni che ha trovato in se stesso, ma il risultato dipende dalla sua diffusione. Una diffusione che contrasta quella del virus. Ed è una questione che riguarda il corso storico, anche, perché sono in gioco mutazioni e varianti: quindi, chi ora si sente sicuro almeno un po’, magari in futuro lo sarà molto meno.
Intervenire ora – collettivamente – consente di limitare i danni. Presenti e futuri. Per gli altri e quindi solo “in un secondo momento” per ciascuno di noi. Non viceversa. Non mi vaccino per me, o non solo. Lo faccio per gli altri, a patto che anche gli altri si vaccinino, altrimenti è una scelta di scarsa efficacia, soprattutto a medio e lungo termine.
Se non si coglie questo aspetto e ci si impanca per un’astratta libertà personale, individualistica e limitata a se stessi, allora non si coglie il senso di una campagna vaccinale.
Poi certo sarebbe interessante sapere altre cose: quando vaccineranno i Paesi più poveri e disperati. Chi paga chi. Chi ci guadagna. Ma queste considerazioni, di grande importanza, arrivano un momento dopo. Anche perché le persone si sono ammalate, alcune gravemente, alcune in modo permanente, per il coronavirus. Altre sono morte. Ed è una sfida che riguarda tutti quanti. Nessuno – o quasi – escluso. La libertà in democrazia e in una Repubblica, soprattutto, non è un fatto solipsistico. Quello è il cosiddetto stato di natura. In cui ci sono virus e altre fiere molto pericolose. Tipo gli umani.
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