Una delle scene indimenticabili del film di Moretti è quando i ragazzi sono al bar e ognuno dice all’altro che è tardi, che si deve andare, che è ora di muoversi, e tutti in realtà stanno fermi e nessuno si alza. E’ quello che sta accadendo anche nei Ds, alle componenti che hanno annunciato di lasciare il partito in occasione della fondazione del Partito democratico. Uso le parole con attenzione perché – vorrei lo si capisse – mi dispiace che alcuni compagni non condividano il percorso che abbiamo avviato. Quello che capisco meno, sinceramente, è il concetto stesso del «stiamo per andare», soprattutto da parte di chi – come i deputati, i parlamentari europei e i consiglieri regionali – è stato eletto con il simbolo dell’Ulivo. In politica si può giustificare tutto: e va bene. Ora però un atto di chiarezza sarebbe certamente apprezzabile. Se si decide di andar via, si va. E non si aspetta altro. Nessuno chiede a chi non è d’accordo di abbandonare le cariche istituzionali che ricopre quale rappresentante dell’Ulivo, ma farci sapere se è ancora dell’Ulivo è, credo, necessario. Lo dico anche per curiosità: mi affascina l’idea che si costituisca un’unica formazione a sinistra del Pd, che unisca tutti gli scissionisti (anche tra loro) degli ultimi anni (a cominciare da Bertinotti e Diliberto). E’ lo schema spagnolo: un grande partito riformista e di governo come il Psoe e una costellazione come Izquierda Unida alla sua izquierda, appunto, con il quale il primo verifichi di volta in volta se allearsi (attualmente Zapatero governa solo con i suoi ministri e Izquierda Unida appoggia in parlamento tutti i provvedimenti che la convincono). Sarebbe un passo avanti straordinario per il nostro Paese. Però, questo passo, facciamolo…

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