Dopo il post ombelicale, sono uscito di casa per il primo Consiglio dell’era Mariani. Il sole e il cielo limpido hanno interrotto quel clima plumbeo alla Blade runner che aveva accompagnato le prime due settimane del nuovo sindaco. E ho pensato: sta a vedere che oggi succede qualcosa. Arrivo in Consiglio, poca gente, familiari degli eletti e lobby. Niente ‘popolo’. Votazione per il presidente del Consiglio: candidato della maggioranza, Domenico Inga. Assessore per due ore, aveva lasciato il posto a Gargantini (quello dei manifesti abusivi) ed era stato ‘ripagato’ con la candidatura alla Presidenza. Solo che, alla seconda votazione, Inga di voti ne ha raccolti 18, Lele Petrucci 21 ed è stato eletto presidente quest’ultimo, con i 16 voti di minoranza e 5 di maggioranza (1 voto è andato anche al giovane Pepe). Un buon pallone per l’Unione, che Faglia e i nostri hanno raccolto come nemmeno Trezeguet. A Petrucci vanno i miei personali auguri di buon lavoro: con lui ho condiviso un’appassionante campagna referendaria soltanto due anni fa. La politica divide, la politica unisce. Il sindaco Mariani, in una replica al solito molto informale, ha parlato di ‘anonimi’ (peccato che la votazione segreta sia necessaria quando si votano le persone) e di ‘agguati’. Non l’ha presa bene. E non l’ha presa bene il deus ex machina, Paolo Romani, che si è subito confrontato con i turboberluscones molto preoccupati fuori dalla porta dell’aula. Brutto segnale, alla prima votazione la maggioranza non c’è. Si è ingartata. Il gioco di parole è scontato. Ma, quando ci vuole, ci vuole.
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