Come se fosse, questa notte, l’ultima volta. A Lucca. Ovunque.
Spazio ombelicale. Aut. Min. rich. Impressioni in queste ore di primavera. L’ingresso a Lucca salutato da un gruppo di zigani che suonano Besame mucho, incuranti di trovarsi nella città di Puccini o, forse, proprio per questo così ispirati. Il cappuccino al caffè Turandot, pensando alla triste sorte dei pretendenti che si intravede nel fondo della tazza, e all’aria più famosa, quell’alba di vittoria che fa segno alle vicende elettorali delle prossime settimane. E la rilettura de L’uomo sentimentale di Marías, in cui il protagonista parla proprio della Turandot, per descrivere il dramma d’amore di un personaggio minore, deuteragonista, come Liù, il cui tragico destino è comunque segnato fin dal principio. E, appena scesa la sera, la costellazione di Orione qui fuori, neanche fosse a due passi dalla terrazza della casa dei gatti (ce ne sono milioni di gatti, qui, e io da sempre ailurofobo ci convivo meglio del solito), con quelle tre stelle che ne formano la cintura, che ci appaiono così, tutte in fila, senza essersi messe d’accordo, e inconsapevoli l’una dell’altra, probabilmente solo per confortarci nell’idea che esista una ragione nell’ordine del cosmo in cui anche noi, forse inavvertitamente, siamo stati inseriti. Da un’intelligenza certamente superiore a quella concessa a noi che spesso, questo cosmo, fatichiamo a capirlo. Un ordine che cerchiamo nelle ‘cose’, anche le nostre. Come Orione, il cacciatore, maltrattato da Diana. Solo perché lui mortale, lei divina. E Besame mucho, come se fosse, questa notte, l’ultima volta. O la prima. A Lucca, nella casa dei gatti, ovunque.
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