Fortunatamente, oltre agli storni e alla caccia in deroga, ci sono anche le riforme. Ovviamente si tratta delle riforme del governo Prodi, non certo di quelle della giunta Formigoni. Penso, ad esempio, all’approvazione in Consiglio dei Ministri delle norme che mirano a diffondere negli ospedali italiani la pratica del parto indolore. “In Lombardia – ricorda Sara Valmaggi, collega consigliera regionale dell’Ulivo – i parti effettuati con l’anestesia epidurale sono solo il 7% del totale, contro il 70% della Gran Bretagna e della Francia, mentre l’Italia nel suo complesso è ferma al 3,7%. Il dato milanese è più alto della media lombarda, ma si bilancia con i dati di Mantova, Cremona, Como e Sondrio, che ben sotto la media italiana. Il decreto del Ministro Livia Turco va nella direzione giusta, perché inserisce nei livelli essenziali di assistenza l’anestesia epidurale per il parto e sostiene le azioni a favore della salute della partoriente e del neonato con risorse certe, pari all’1,3% delle disponibilità complessive per il servizio sanitario nazionale”. In Lombardia, però, abbiamo un problema da risolvere: la Regione rimborsa gli ospedali per ogni parto effettuato con analgesia epidurale solo 86 euro in più rispetto ad un parto naturale, come è stabilito dalla delibera 19688 del 3 dicembre 2004. Una cifra evidentemente troppo ridotta per pagare i costi di una metodica che richiede la presenza di un anestesista esperto 24 ore su 24. La Regione deve fare di più, come chiediamo con una mozione depositata lo scorso 28 aprile e non ancora discussa. Il problema non è dunque se il parto indolore sia gratuito o meno, ma il fatto che in Lombardia sono molto pochi i punti nascita dove questa possibilità viene garantita in modo costante”. Formigoni vanta un primato nei parti cesarei, fermi al 26% rispetto al 35% italiano. «Non è un primato – dichiara Sara -, l’organizzazione mondiale della sanità fissa la soglia massima auspicabile al 15%. Anche in questo caso ci sono molti margini per migliorare».

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