In questi giorni di vacanza, ho scoperto, grazie a un’indicazione di Roberto, Il castello bianco di Orhan Pamuk. Una lettura – benché troppo ricercata per i miei gusti – di grande interesse soprattutto per lo svolgimento del tema dell’identità. L’italiano e il turco, due sosia in una Istanbul secentesca dai colori vividi e dalle molte bellezze, si confrontano, si raccontano vicendevolmente, fino a scambiarsi, fino a ricercare se stessi nel confronto con l’altro, in un percorso di transfert esistenziale e culturale, improntato esclusivamente alla conoscenza di sé. E allora emerge con forza il tema dell’identità, tema scivoloso e difficile come pochi altri, che si scopre definirsi soltanto nel confronto con l’altro, nello studio degli altri come se fossimo noi stessi, nell’impossibile tentativo di guardarci negli occhi del vicino per comprendere chi siamo e di definire, così, noi e il mondo. Il protagonista di Pamuk, prese ormai non soltanto le sembianze, ma la vita dell’altro, torna alla propria infanzia, nell’ultima, spettacolare pagina del romanzo. Ed è un percorso di suggestioni e di immagini che ci parla di noi, e del rapporto con l’Oriente, attraverso il fondamentale tema della vita umana, che tutti ci accomuna, ben più del sapere e della scienza o delle eredità e provenienze di cui siamo espressione. Per capire che siamo tutti alla ricerca di noi stessi e che gli altri – così simili, così diversi -, in questa ricerca, risultano essere decisivi.
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