Se avete fatto benzina nelle ultime ore, vi sarete resi conto della preoccupante situazione energetica del pianeta. Il prezzo del petrolio vola verso record assoluti e qualcuno, come Jeremy Leggett in Fine corsa. Sopravviverà la specie umana alla fine del petrolio? (Einaudi) si ferma a riflettere sulla possibilità per nulla remota che le riserve di greggio si stiano già esaurendo, prefigurando una crisi energetica globale. Leggett è geologo ed è un insider, perché ha lavorato per anni nell’industria petrolifera, convertendosi all’energia solare e allo studio delle fonti rinnovabili. Anziché «trascinarsi nella totale negazione collettiva» del problema, che Leggett denuncia per una buona metà del suo saggio, è il caso di dedicarsi a nuovi scenari che la tecnologia ci consente di prevedere. Un nuovo mondo è possibile a partire dalla combinazione di risparmio energetico, veicoli meno inquinanti (no Suv!), biomasse (colture del salice e del miscanto), biocombustibili, energia eolica, geotermica, marina. E, soprattutto, sostiene Leggett, a partire dall’energia solare, che ha l’enorme vantaggio di produrre energia là dove viene consumata e di essere la forma di produzione di energia assolutamente più ecologica e ‘naturale’. Fondamentale la spinta che può provenire dalle comunità locali, oltre che da strategie globali di diverso segno. Lo sosteniamo da tempo. E ci piace pensare che qualche città lombarda e italiana voglia assomigliare a Woking, nel Surrey, a poche decine di chilometri da Londra: una città grande come Sesto San Giovanni che ha ridotto le proprie emissioni di anidride carbonica del 77%, fornendo ai propri concittadini energia elettrica e calore attraverso sistemi autonomi di erogazione a prezzi convenienti. O che Friburgo (la città del sole sulla soglia della Foresta Nera) non sia soltanto un riferimento “di scuola”, ma un termine di paragone verso il quale orientare politiche attive per l’ambiente.
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