Non ho votato Ivan Scalfarotto alle primarie, ma trovo che il suo libro Contro i perpetui, Il Saggiatore, sia un testo importante. Scalfarotto è arrabbiato e ne ha ben donde: se la prende con la politica che tratta il cittadino con un bambino, che non parla chiaro e per cui ogni cosa è un compromesso. Se la prende con un’Italia in cui vai avanti “solo se sei già seduto da qualche parte”. Se la prende con l’assurdo dibattito sui Pacs, “una realtà consolidata da anni” rispetto alla quale la politica offre risposte timide e confuse. Se la prende con la presbiopia della società italiana, con quella visione datata che accompagna le scelte strategiche. Se la prende con l’esclusione dalla stanza dei bottoni delle nuove generazioni, il cui coinvolgimento consentirebbe una diversa proposta politica rispetto alla questione dei diritti, della tecnologia, dell’integrazione europea. Una generazione nuova che ha vissuto più direttamente le trasformazioni della società e che ha uno sguardo sul mondo più capace di comprenderle. E che è forse è venuto il momento di coinvolgere: non per convocare l’ennesimo convegno sulla questione generazionale e per consentire ai giovani di presentarsi come giovani e in quanto tali meritevoli di attenzione. Ma per affidare loro una quota consistente del governo del Paese. Prima che diventino presbiti anche loro.
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