Le due piazze di ieri hanno parecchio confortato i cittadini italiani, di ispirazione laica e democratica. L’attacco alla 194 e il pregiudizio anti-Pacs avevano già fatto troppe vittime per non essere felici della straordinaria partecipazione a Milano e a Roma. Ora, però, dobbiamo fare uno sforzo, tutti insieme, per ribadire la centralità della questione delle unioni civili, al di là dei nominalismi in cui è incappato, purtroppo, anche il candidato premier Romano Prodi. La campagna che ha come protagonisti Grillini e Mancuso, due delle figure politiche più credibili del panorama nazionale, deve essere assunta senza imbarazzi, perché le unioni civili estendono i diritti elementari alle forme non tradizionali di famiglia senza essere di alcun nocumento alla famiglia tradizionale. Guardiamo alla Francia, se la Spagna fa tanto paura (paura che, sia chiaro, non condivido). E rispondiamo a Ferrara, che ieri si chiedeva «perché non si sposano in Comune?», che è proprio questo uno dei problemi. Il fatto di NON POTERSI SPOSARE NEMMENO IN COMUNE per cittadini che in ragione del loro orientamento sessuale sono considerati inferiori (e, da alcuni illuminati uomini di Stato, malati). Facciamolo, e non solo perché l’hanno già fatto quasi tutti, in quel mondo occidentale a cui ci si appella di continuo, quando c’è da far guerra o allargare il mercato. Facciamolo, perché siamo già in ritardo. E ce ne dovremmo vergognare.
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