Mal di Susa/2
Ancora, partendo dalla Tav, per una riflessione sugli investimenti nelle opere pubbliche. E’ probabilmente giusto investire molto sulle opere strategiche e sulla competitività del sistema sulla scena internazionale. Non sarò certo io a dire di no. Mi domando però – e la risposta già la conosco – perché si preferiscono gli investimenti epocali alle scelte, altrettanto strategiche a mio modo di vedere, che riguardano la vita quotidiana di milioni di persone. In Spagna, per fare l’esempio di chi è arrivato per ultimo e ci ha di gran lunga superati da questo punto di vista, le linee dell’alta velocità (AVE) sono state realizzate con investimenti massicci (e significativi aiuti da parte della UE). Ma nel frattempo si è pensato anche alle città, attraverso la creazione di una rete, che in Italia ci sogniamo, di Cercanías, di linee verso le periferie e l’hinterland (penso a Barcellona e a Madrid), che assicurano un servizio di grande qualità. Qui da noi, a parte le difficoltà della Tav, ci si chiede quando verranno prese in considerazione le «linee a bassa velocità», note universalmente per ritardi e disservizi. Evidentemente non è abbastanza fico occuparsi delle piccole cose (che poi piccole non lo sono affatto), soprattutto perché le risorse che girano non destano tutto l’appetito delle commesse trentennali. Dal momento, però, che sia Berlusconi sia Formigoni (a parte qualche timido tentativo) si sono dimostrati in questi anni totalmente refrattari, ci auguriamo che ci pensi l’Unione a lanciare un piano ‘epocale’ per le linee urbane e suburbane. Che non fanno notizia, ma migliorerebbero la vita di milioni di viaggiatori. Strategici, perché anche loro, anzi loro soprattutto, poverini, lavorano e contribuiscono al PIL. Vorrebbero soltanto farlo più puntuali e più sereni di prima. E diversamente dalle Tav e dalle autostrade a quattro corsie, i nostri governanti li troverebbero, rispetto ai cambiamenti, entusiasti. Anzi, di più: tifosi.
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