Due anni e mezzo fa, ora più, ora meno, la vittoria storica di Faglia.
Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta – anche senza far riferimento al tragico fenomeno alluvionale del novembre 2002 e agli imponenti lavori di riqualificazione del greto del Lambro di cui il Comune si è fatto carico, in modo pressoché esclusivo, in un Paese che ormai di federale ha solo la stupidità.
Ne è passata molta di acqua, anche dal punto di vista amministrativo.
C’è stata un’altra vittoria elettorale, quest’anno, e una crescita sul piano politico notevole del centrosinistra in città.
C’è stata una crisi affrontata in breve tempo e, credo, nel migliore dei modi, nonostante la sua gravità e il rischio (puntualmente evitato) di cedere a lusinghe cencellistiche.
Ci sono state nuove opere pubbliche, ‘grandi’, ma soprattutto ‘utili’, come gli interventi che interessano o interesseranno viale Campania e viale delle Industrie.
Ci sono state opere terminate da questa amministrazione, ricevute dalla giunta che ci ha preceduti o da quella ancora precedente (il ‘monumento’ in questo senso è il centro natatorio di S. Albino, frutto della campagna di opere pubbliche neo-assiro-babilonesi promossa dalla giunta Mariani, che doveva finire nel 1999 e che la giunta precedente non è riuscita, come tutto il resto, a portare a termine: fra qualche mese, ora che è finito l’impianto, ci andremo tutti a fare due bracciate).
C’è stato e c’è un sindaco ‘non politico’, capace però di rappresentare la coalizione e, soprattutto, la città, come pochi altri in passato sono riusciti a fare.
C’è stata e c’è una giunta di neofiti, che ha però dimostrato di essere all’altezza dell’impegno: chi aveva puntato sull’inesperienza, deve ricredersi. Chi pensava ad una scarsa capacità di governo da parte del centrosinistra – nella nostra città abitutato, si può dire da sempre, all’opposizione – deve ammettere che lo schieramento ha avuto il coraggio di farsi carico degli interessi della città, anche quando ciò ha significato dolorose rotture o momenti di difficoltà.
Ci sono state molte cose buone, e qualcuna da correggere e da cambiare, perché bisogna sempre saper riconoscere i propri limiti.
Una per tutte. C’è stato un consiglio comunale svilito nelle sue funzioni di dibattito costruttivo e di sede principale della politica cittadina. Un po’ per il filibustering ‘a nastro’ della minoranza, guidata non dai 10 consiglieri di Forza Italia, ma dal consigliere dell’Estrema (AN) in un’azione a senso unico di contrasto delle iniziative della giunta, a prescindere dal merito. Un po’, va detto, per alcune timidezze della maggioranza, di cui è giusto assumersi tutta la responsabilità. Un po’ perché, in un clima così, gli inviti alla calma e al confronto (che personalmente ho sempre auspicato) sono spesso apparsi velleitari e poco ‘opportuni’.
E’ insomma una lunga storia, quella di questi due anni e mezzo. E una lunga storia ci attende nei prossimi: progetti, dibattiti e confronti.
Saranno anni altrettanto appassionanti per la città: le regole (PRG innanzitutto). la nuova provincia, la sfida di una viabilità diversa e più razionale (PUT).
Una stagione in cui mi auguro sarà ancora più stretto il confronto con la città, nelle sue varie ‘istanze’, come si diceva una volta, alla ricerca di una politica partecipativa, consapevole dei problemi più urgenti e insomma più giusta e normale, in un Paese in cui ormai il dibattito politico appartiene al genere della fiction pura e semplice e riesce a prescindere totalmente dalle reali necessità e dai bisogni emergenti.
Una stagione in cui mi auguro questa città possa fare grandi passi in avanti, per quanto riguarda la coppia concettuale ambiente-qualità della vita, che deve essere sempre al centro della nostra proposta politica (per me è diventato una sorta di mantra, che deve ispirare ogni singola mossa amministrativa). Non certo in senso superficiale, ma in profondità: puntando, ad esempio, all’estensione del ‘benessere’ alle zone meno fortunate della città, ma considerando anche che benessere significa risparmiare tempo e denaro per muoversi, avere a disposizione servizi comunali efficienti perché tecnologicamente avanzati (magari cominciando dal nostro sito internet che si basa ancora sulla tecnologia delle incisioni camune), sapere che si vive in una città che si prende ‘cura’ dei bisogni dei cittadini, programmando il proprio sviluppo e cercando ove possibile di anticipare i tempi per quanto riguarda la qualità delle soluzioni e delle proposte.
E quando ci prenderanno in giro per le piste ciclabili, come si ostinano a fare in modo ossessivo i consiglieri di minoranza (e segnatamente un consigliere che forse in bicicletta non ci sa proprio andare…), salteremo sulla nostra bicicletta e li semineremo.
E quando ci diranno che il verde di quartiere è una cosa di poca importanza, andremo a fare una passeggiata nel giardino sotto casa.
E quando ci diranno che i parcheggi sotterranei potevamo risparmiarceli, ci godremo vie e piazze restituite alla città e ai pedoni.
Una città della cura, che riguardi anche un tasso più alto di civismo e di attenzione agli spazi comuni, attraverso campagne mirate e testimonianze esemplari, come quella del nuovo centro civico di San Rocco, che sta diventando davvero punto di ritrovo, di iniziativa culturale e sociale per una di quelle zone che fino a qualche anno fa si davano per perse e che invece risulta una delle più curate (appunto) dell’intera città.
Se dovessi redigere la mia personale agenda politica, la Monza che riconsegneremo a chi ce l’ha affidata nel 2002, dovrà essere questo e un’altra cosa ancora. Ovvero una città capace di aperture sul mondo – la pace e la fame, attraverso interventi concreti di cooperazione decentrata che per altro sono già avviati – e capace di affrontare la sfida dei diritti al proprio interno, alla luce delle profonde trasformazioni che interessano la nostra società: diritti civili e però anche diritti sostanziali, in un periodo nel quale è davvero difficile arrivare alla fine del mese e riuscire a pensare al futuro per programmare la propria vita.
Per quanto riguarda il centrosinistra, Monza è da tutti, anche a livello nazionale, spesso evocata come un modello. Per questo, non ci dobbiamo fermare. Per questo la Grande alleanza del centrosinistra, che proprio a Monza è stata ‘battezzata’ nel 2002, grazie anche all’impegno dei partiti tradizionali e alle scelte innovative che essi hanno compiuto, questa Grande alleanza deve essere più visibile, trovare sedi di coordinamento politico più evidenti (ad esempio, in consiglio comunale), dare di sé un’immagine di unità e, soprattutto, di ‘senso’. Una Grande alleanza che, dobbiamo sempre ricordarlo, non ha certo i connotati definiti e definitivi di qualcosa che già c’è, ma che nella sua natura ha quale dato fondamentale la ricerca di altre soglie di consenso e, cosa ancora più importante, di contributo politico. E’, cioè, un’alleanza in divenire, che deve sapersi assumere gli stimoli e le proposte di un elettorato sempre più vasto che legittimamente pretende di essere ascoltato.
E’ come vedete una lunga storia, quella che ci ha preceduti e quella che ci attende.
E’ una lunga storia, del resto, è anche il titolo di un famoso romanzo di Grass. In tedesco suona come Ein weites Feld, che potremmo anche interpretare come campo grande, esteso, come quello che a Monza si chiama Cascinazza, una delle “missioni possibili” della giunta Faglia, possibili come la città che sta cercando di trasformare.
Anche questo farà parte del dibattito politico della nostra città – almeno della parte che di politica si occupa – sapendo che è possibile nei prossimi anni chiudere una vicenda annosa, che alla fine non ci consegni i 100 palazzi dell’ennesima città gioiello (sigh) berlusconiana, ma il secondo parco urbano della città per dimensioni, e il primo per il lavoro che è stato fatto per salvaguardarlo, da parte degli stessi che ora siedono al secondo piano di Piazza Trento e Trieste.
Un campo grande e ampio.
Strawberry Field forever.
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