Il perfido Popolino nota che qualcosa si è incrinato nella proverbiale sicumera di Formigoni.
La voce si rompe, l’agitazione si manifesta, attraverso i microfoni delle molte televisioni accorse.
Anche gli argomenti appaiono fragili più del solito: il tentativo del presidente della Lombardia è quello di spiegare che lui e la giunta regionale non c’entrano con le vicende del caso Nicoli, perché Nicoli non faceva più parte della giunta. Da un anno a questa parte, aggiungiamo noi, perché Nicoli, di quella giunta, è stato a lungo importante assessore. Anche all’Ambiente, per capirci.
E non dice, Formigoni, che un altro protagonista delle sue giunte (numerose, è al governo dal 1995, e questo è il primo problema) che si chiama Marco Pagnoncelli, già assessore all’Ambiente e ora delegato dalla presidenza della Regione ai rapporti con gli Enti locali, era stato a lungo socio d’affari e consulente dell’imprenditore Locatelli, arrestato insieme a Nicoli in questa brutta vicenda. Un aspetto non rilevante sotto il profilo penale, ma sotto il profilo politico sì. Eccome.
E non precisa, Formigoni, che la sua Arpa – la cui organizzazione ha sempre difeso dagli attacchi di quei cretini come noi che spesso hanno segnalato opacità e inefficienze – si è dimostrata al di sotto dei requisiti minimi di una Regione tanto innovativa che solo fino a qualche anno fa lanciava la sfida dell’idrogeno, delle autostrade verdi (proprio quella Brebemi al centro delle indagini) e di un nuovo modello di mobilità e di contrasto all’inquinamento. Bei tempi.
Non dice, Formigoni, che la Lombardia è aggredita dalla criminalità e dalla corruzione proprio in campo ambientale, quel campo che Formigoni stesso si è a lungo attribuito, come opzione strategica fondamentale per un uomo di Stato del futuro.
La difesa, che pur riconosce la gravità estrema dei fatti contestati all’esponente del Pdl, è molto al di sotto delle aspettative. Perché il «chiamarsi fuori» di Formigoni può valere solo sotto il profilo giudiziario, ma dal punto di vista politico perde ogni giorno che passa qualsiasi consistenza e plausibilità: perché ogni volta – dalle firme alle bonifiche, dalla sanità ai rifiuti – Formigoni c’era, ma si dichiarava puntualmente estraneo. Quasi che le vicende contestate alla Regione Lombardia o a imprenditori amici non lo riguardassero.
Tra mozzarelle in arrivo, conversazioni con indagati della P3, mogli di ex assessori che si dichiarano colpevoli, false fatturazioni di imprenditori delle bonifiche vicini a CL, citazioni di esponenti politici a lui vicini in conversazioni tra boss della ‘ndrangheta, imprenditori con la tonaca che immaginavano flotte aeree, banconote tra le pagine dei libri, il problema di Formigoni è che la sua dichiarazione di estraneità gli consiglia ormai soltanto una cosa: dichiararsi estraneo del tutto e lasciare ad altri il governo della Regione.
Dopo vent’anni, farebbe bene anche a lui.
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