«Gioco di squadra», lo definisce giustamente Alessandro Alfieri. Una strategia, quella che abbiamo sperimentato a Varese, oggi, che punta sulla rete e sulla condivisione. Con una proposta politica che mobilita e che mira a rilanciare il dibattito. Che ci porta ad attraversare il Nord, con un’attenzione particolare alle questioni e ai temi da discutere.

Abbiamo a cuore, come credo tutti quanti, il binomio «cambiamento» e «modernizzazione», spesso solo proclamato il primo, in questi anni, per negare, di fatto, la seconda.

«Da Perego a Perego», come direbbe Antonio Albanese, è il caso di dirsi le cose, senza ammantarle di retorica o, peggio, di propaganda. Senza perdere altro tempo, e cercando di dire solo quello che si può fare.

Per prima cosa, è il caso di diradare la nebbia che avvolge la questione settentrionale, ripartire dai dati, da un ripensamento profondo dell’articolazione dello Stato (Comuni e Province, ma non solo) che punti alla semplificazione, alla razionalizzazione e alla puntualità della politica e dei suoi tempi.

Ci vuole una politica di prossimità, che abbia un atteggiamento imprenditoriale, che non si risparmi e si dia tempi certi, e che abbia la necessaria curiosità per attraversare la pianura padana, senza per questo promuovere un’idea di Nord esclusiva e separata dal resto del Paese. Anzi, condividendo con il resto del Paese sacrifici e opportunità, cercando di trovare quell’equità (la parola del momento) tra i territori che si è persa secoli fa.

«Mettersi in mezzo», ha detto Bonomi, sia tra i tecnici e il paese reale, sia tra la «metropoli» e il «contado», per esercitare una funzione politica. Con il protagonismo di quella «borghesia perduta» di cui ha parlato Giorgio Gori.

Tutto questo all’insegna non di una concezione museale del Nord, come ha detto Di Vico, bensì di una sua lettura dinamica.

E allora è il caso di lanciare una sfida senza tregua alla corruzione, alle clientele e alle inefficienze, ce l’ha ricordato Cè, come punto da affrontare prima di qualsiasi discussione che porti l’etichetta del federalismo.

Liberare la società del Nord, dagli egoismi, dalle chiusure, dai luoghi comuni e anche dal malaffare, e liberare, anche sotto il profilo fiscale, chi lavora e produce, rispetto a chi immobilizza e specula.

E poi difendere in modo non nostalgico il “sacro” suolo dalla cementificazione incessante.

E migliorare tutto ciò che c’è intorno al mondo della produzione: le condizioni di contesto, insomma, nelle quali chi lavora e produce si trova ad operare.

Da Varese un messaggio non roboante, come quelli a cui siamo abituati da troppo tempo, ma un segnale concreto (per davvero) e il più possibile documentato. Che cercheremo di diffondere e di condividere con tutti quelli che vorranno partecipare alla partita. Il campo è grande, è il caso di essere in tanti. E di trovare una strategia comune.

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