Lo strano caso del pakistano che in Brianza vende rose con fattura.
Un fiorista ambulante che dal 2002 si trova in Italia con un permesso di soggiorno sempre regolarmente rinnovato e che a casa, dall’altra parte del mondo, ha moglie e figli da mantenere.
Ha scelto il comune di Lissone (Monza-Brianza) Abbas, per la sua attività, ma ha deciso di farlo rispettando tutte le regole. Sa di essere un’eccezione e sorride di questo. La sua storia sarebbe rimasta tuttavia sconosciuta se un cronista del Giornale di Monza non se lo fosse trovato davanti con il libretto delle ricevute e non avesse raccontato la sua storia sul settimanale locale. A fine del mese Abbas chiude, se va bene, con un guadagno di 500 euro, e ne invia cento alla sua famiglia. “Troppi soldi, troppe tasse e adesso è arrivato pure Monti”, commenta, raccontando che i colleghi gli danno dello stupido perché paga le tasse. “La crisi si sente anche nel mio campo, il 2009 è stato l’ultimo anno buono”.
Eppure non si arrende, non evade, tiene nel cassetto tutti i moduli del fisco con riportati i versamenti. E davanti ai “furbetti”, più che nervoso, sfodera stupore. “Non capisco perché ci sono persone che fanno tutto in nero. Mi rubano il lavoro. E i controlli dove sono?”, ha chiesto con gli occhi che sembrano due immensi punti di domanda. Un’unica agevolazione però va a beneficio di Quamar Abbas rispetto agli altri venditori di rose porta a porta. Alcuni ristoranti, in tempi in cui la richiesta dello scontrino per gli italiani è diventata un’ossessione, hanno deciso di premiare la sua onestà, aprendo le loro porte solo a lui.
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