Ormai è chiaro a tutti che il raggiungimento dell'obiettivo delle 500.000 firme è alla portata dei referendari. E dove il Pd ha ospitato la raccolta, i risultati sono stati notevoli. E gli elettori soddisfatti e partecipi.
I segnali che mi sono giunti nelle ultime ore, dall'Umbria al Piemonte, dalla Puglia all'Emilia, mi dicono di un clima da primarie, in cui i cittadini firmano per molti motivi, dalla riforma elettorale alla necessità di cambiare governo. E alla svelta, anche. Le due cose si tengono e chissà che i cittadini, ancora una volta, non abbiano la vista più lunga degli strateghi e dei politologi.
Spero che, dopo questa ennesima dimostrazione, il Pd si renda conto che, oltre alle proprie proposte e alla linea politica che esce dalla segreteria (quando ci riesce, perché molto spesso la linea non riesce a varcare la soglia del Palazzo), deve essere capace di ospitare il dibattito di tutto il campo progressista. Degli alleati, in primo luogo, e degli altri soggetti politici, istituzionali e non.
Ospitalità è la parola giusta per descrivere la disponibilità, l'apertura di senso, l'umiltà di mettersi a disposizione dei propri elettori e dei tanti che si muovono nel Paese dell'immobilità.
Se il Pd ospita è capace anche di rappresentare, se il Pd include è pronto alla sfida del governo che passa attraverso la capacità di rappresentare. Perché la relazione politica è fondamentale, in questo difficile passaggio della politica italiana, perché la rappresentanza passa attraverso il recupero della fiducia dei cittadini, perché la partecipazione va accompagnata dalla politica istituzionale, senza snobismi e senza pregiudizi di sorta.
Gli ospiti si rispettano, si raccontano e assumono l'impegno della reciprocità. Chi ospita accoglie il viandante (che oggi sarebbe il movimentista), senza sequestrarlo e forzarlo a rimanere, ma offrendogli le proprie specialità. Il viandante, da parte sua, conserverà il ricordo di quella visita. E potrà anche farvi ritorno, un giorno, quando ne sentirà il bisogno.
Un consiglio spassionato al Palazzo, dunque: chi lo occupa lasci la porta socchiusa o, quantomeno, risponda al citofono.
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