Ieri sera, a Modena, Massimo D'Alema ha preso posizione sui referendum:
«Noi raccogliamo le firme, le stiamo raccogliendo noi in parte notevole, e altri prendono i meriti. Noi facciamo campagna elettorale e come spesso succede i promotori dei referendum si prendono i rimborsi». D'Alema ricorda: «è accaduto anche l'ultima volta, è una posizione comoda, ma va bene».
Ricordiamo che l'ultima volta il Pd ha addirittura avversato i referendum quando furono presentati, perché il referendum, così spiegò il segretario, non è uno strumento adatto, tanto che noi puntavamo su una proposta di legge d'iniziativa popolare. Che raccolsero le firme i circoli e le federazioni del Pd nell'imbarazzo del gruppo dirigente nazionale. Che il Pd non fece campagna referendaria se non negli ultimi giorni, sciogliendo la questione sul quarto sì all'ultimo momento. Che, poi, rivendicò la vittoria. E a commentare la vittoria, in tv, ci andò Massimo D'Alema.
Quando mi chiamò Arturo Parisi, a fine luglio, per chiedermi una mano, mi disse che aveva sentito tutti e che nessuno gli aveva promesso un sostegno. Mi disse che Bersani non ci sentiva, che Veltroni si era sfilato (per poi rientrare), che nel partito nessuno avrebbe raccolto firme e ospitato banchetti. Solo nei primi giorni di settembre, il Pd si è mobilitato, mentre il segretario nazionale spiegava: «il referendum? Extrema ratio».
Non credo, in sostanza, che ci meritiamo né meriti, né rimborsi. Che poi, quest'ultimo, in tempi come i presenti, mi sembra un riferimento particolarmente opportuno. Proprio.
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