La questione dei rimborsi elettorali è di grande attualità, anche tra i legislatori che dicono di volersene occupare subitissimo (a proposito, a che punto siamo?).
In attesa di una profonda revisione di uno dei meccanismi più discutibili della politica italiana, ho chiesto a Titta Magnoli, tesoriere del Pd lombardo, di spiegarmi come funzionano i rimborsi nella nostra regione, per quanto riguarda il nostro partito.
Titta, che mi ha fornito tutti i dati, mi dice che della quota del rimborso elettorale regionale destinata al Pd della Lombardia (che rimane interamente in Lombardia, come è giusto che sia) più del 60% è destinato alle realtà territoriali.
Il rimborso elettorale nazionale rimane a Roma (anche se dalla tesoreria nazionale giungono 300 mila euro per attività politica, così recita la voce del bilancio regionale).
Oltre al rimborso elettorale, la prima voce di entrata è costituita dalle sottoscrizioni dei consiglieri regionali, per circa 200 mila euro all’anno.
Per quanto riguarda, invece, il tesseramento, tra i diversi livelli c’è compartecipazione: oltre a una certa soglia di sottoscrizione, il ricavato rimane ai circoli.
Il fundraising regionale è molto limitato, perché demandato ai livelli provinciali e comunali.
Chissà se in tutte le altre regioni italiane le cose funzionano nello stesso modo. E se così accade anche negli altri partiti.
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