Un articolo del Post dice molte cose che ci interessano. Anche perché, sabato scorso, alla scuola di politica promossa da Democratica, ho parlato lungamente della costanza (che manca) e della necessità di ritrovarla, se si vogliono davvero cambiare le cose. Sul web e nelle piazze. E su Twitter un ragazzo che mi ascoltava, ha commentato così: «Costanza? Deve essere una sua amica». E invece:

“Occupy Wall Street”, con tutta la sua natura dilettantesca, scalcagnata e inerme, ha invece investito su un asso potenzialmente fortissimo: la pazienza, la disponibilità di tempo, l’indifferenza all’obiettivo immediato. Si sono messi lì, ed erano quattro gatti e per diversi giorni se n’è accorta solo la rete. Come ha detto ieri un manifestante a un giornalista che gli aveva chiesto quanto pensavano di restare: “a oltranza”. Sono, è vero, pochi, poco organizzati, poco credibili e con un’agenda confusa e mal comunicata. Ma, come detto, si sono sistemati in una serie di contesti accoglienti di potenziale interesse (la crisi, le proteste popolari, l’imitazione di notizie precedenti, Manhattan, Wall Street) e hanno tempo. Può darsi che alla loro cosa si uniscano altri, un po’ alla volta, o che qualche accidente la renda improvvisamente magnetica, che monti, o anche che si spenga, o anche che diventino parte del paesaggio. Ma suggeriscono, lo volessero o no, che cambiare le cose, fare da contraltare democratico, raccogliere le forze per far valere i sentimenti popolari, necessita di impegno vero, fisico, di tempo, di sacrificare altro. Di aspettare. Non è una riflessione benvenuta, in tempi che ci hanno viziato facendoci pensare che la rete la rete la rete, e una buona idea cambia il mondo domani solo mettendola in circolo. Ci vogliono tempo, e costanza, e non li abbiamo più.

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