De Bortoli se la prende con la «litania dei distinguo», a proposito di costi della politica, difesa delle province, spesa pubblica altissima.
Quello che è accaduto rende ridicola e preoccupante la litania dei distinguo e delle promessedi togliere questo o quell'aspetto della manovra per compiacere fette di elettorato o clientele. E ancora più incomprensibili la decisione di rinviare alla prossima legislatura il taglio dei costi della politica e l'anacronistica difesa delle Province. La crisi dei mercati espone nella sua drammaticità tutta la perdita di immagine di un esecutivo diviso da teatrali rivalità interne e indebolito dalle inchieste della magistratura. Della manovra, e soprattutto dei suoi saldi, abbiamo capito poco in Italia, figuriamoci che cosa possono aver pensato gli osservatori internazionali, spesso preda di pregiudizi. Il pareggio di bilancio al 2014 è obiettivo importante, ma se il percorso per raggiungerlo appare incerto e contraddittorio è come dire ai mercati: noi ci crediamo poco, però voi per favore credeteci. Per esempio, non si può pensare che la spesa pubblica (al 48 per cento del Pil nel 2001 è arrivata al 51 per cento lo scorso anno) non sia più seriamente riducibile, come farebbe qualsiasi avveduta famiglia.
Si può fare molto di più. I mercati hanno bisogno di segnali chiari. Prendersela con la speculazione internazionale non serve a nulla. Consolarsi con la spiegazione, corretta, che è tutta l'area dell'euro sotto attacco, sarebbe fuorviante. Si approvi velocemente la manovra con una discussione aperta e concreta. Maggioranza e opposizione si ritrovino, una volta tanto, sulla linea della responsabilità tracciata da Napolitano che ha sollecitato Pd, Udc e Idv a concordare e limitare gli emendamenti: una svolta positiva. Si pensi al Paese, non ai voti.
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