E non Nimby, scrivono Michele Roccato e Terri Mannarini, in un bel libro, appena pubblicato per i tipi del Mulino.
S’intitola Non nel mio giardino. Prendere sul serio i movimenti Nimby ed è un contributo utilissimo per evitare alcuni errori (ormai tradizionali, anche nel campo progressista) quando si tratta di affrontare la questione dei Locally Unwanted Land Uses, ovvero di quelle opere, o interventi, o decisioni che portano le comunità locali a ‘ribellarsi’.
Una ‘guida’ quella di Roccato e Mannarini che vale per la Val di Susa (a cui gli autori dedicano analisi illuminanti, in particolare alle pp. 119-sgg.), ma in generale per un Paese che oscilla sempre tra opposti estremismi, trovando raramente la soluzione più democratica e insieme più economica. Perché si irrigidisce spesso (e volentieri) in un conflitto ‘insanabile’ quando, invece, una serie di passaggi politici potrebbero dare frutti migliori, sotto il profilo della qualità, dei costi e dei tempi.
Il punto è sempre quello: “democratizzare la democrazia” e riconoscere la “società (come) pensante”, a dispetto delle parole d’ordine che piovono dall’alto. E che spesso, poi, scivolano via.
Un’ennesima puntata del capitolo del fico di Ulisse, che prima o poi qualcuno dovrà pur prendere in considerazione, tenendosi a debita distanza dalla stigmatizzazione e dalla banalizzazione dei problemi, dal richiamo ai ‘meccanismi’ e da quello alla partecipazione che puntualmente si scontrano “senza pietà” in queste vicende.
Per chi volesse approfondire ulteriormente, qui si legge una precisa recensione di Filippo Sensi.
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