Bersani ha criticato per buona parte del suo intervento di sabato il populismo di buona parte della politica italiana, per poi spiegare che la buona parte siamo noi, che siamo un partito, in cui si confronta, si discute e si vota.
E siamo d’accordo.
Poi però non si è votato quello che si sarebbe dovuto votare e Bersani è tornato sul palco per chiedere di fidarsi di lui, come aveva già fatto a gennaio. E nonostante siano passati sei mesi, e tutte le nostre richieste di confronto siano state lasciate cadere. E nonostante molti – anche dei ‘suoi’ – la pensino diversamente da lui, e lo dicano ogni giorno, in tutte le interviste.
Ora, appellarsi alla fiducia della platea è un po’ populistico, soprattutto se si fa trascurando il sentire di una minoranza, che aveva presentato legittimamente una proposta diversa dalle altre.
Com’è populistico, da parte del già presidente del Senato Franco Marini, un altro acerrimo nemico del populismo, urlare a gran voce dalle prime file per evitare che Salvatore Vassallo, uomo mite e ragionevole, potesse esprimere le ragioni per cui presentavamo tre ordini del giorno.
Ordini del giorno che, per altro, dicevano cose simili a quelle del segretario, e non uguali, e che non potevano essere riassorbiti senza che fossero d’accordo i presentatori, come si fa in tutti i contesti civili e non populistici. Di partito, anche, verrebbe da dire.
Non potevano essere assorbiti e quindi preclusi (a volte mi chiedo chi scriva i testi dei nostri dirigenti, forse Beppe Grillo) perché dicevano cose simili a quelle che diceva il segretario, ma molto diverse da quelle che buona parte del Pd, come ha spiegato anche Rosy Bindi, nelle dichiarazioni del dopo assemblea.
Secondo me, per altro, è un po’ populistico anche dare dello «sciacallo» a chi, come Di Pietro e Grillo, prende posizione a favore dei matrimoni gay. Perché non è sciacallaggio, ma una presa di posizione che il Pd evidentemente non si può permettere. E che, semplicemente, in buona parte subisce. Il populismo non si sconfigge dando del populista agli altri, ma assumendo posizioni nitide e facendo le riforme.
Dalla stagione florovivaistica, il centrosinistra passa alle metafore faunistiche: e mi aspetto che gli «sciacalli» ci diano degli «struzzi», e intanto, come spiega brillantemente Fioroni, non solo non si faranno i matrimoni gay, ma da sabato l’alleanza con Casini è una realtà molto più concreta. Con ottime conseguenze, aggiungo io. A cominciare dal fatto che non si faranno né i matrimoni gay, né le primarie, come per altro ha spiegato anche Bersani, che ha precisato: di primarie dovremmo discuterne con i nostri alleati.
Peccato non si sappia ancora quali siano. L’importante è che non siano populisti, mi raccomando. Se son di destra, non fa niente.
P.S.: trovate considerazioni analoghe in questa intervista.
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