La parola d’ordine del sistema politico del nostro Paese è «emergenza».
Una parola forte, talmente forte che annichilisce tutte le altre. Dapprima applicata ai cataclismi, come se non fosse un dato strutturale, per altro, quello che riguarda l’Italia, dal punto di vista ambientale, trasferita con lo stesso stile apocalittico alle dinamiche dei mercati, ora la parola è passata a rappresentare tutta la politica italiana. «Senza se e senza ma», frase d’emergenza anch’essa, tra le più gettonate.
L’«emergenza» può servire a fare quasi tutto. A sospendere la normale (o anormale, come quella degli ultimi anni) dialettica democratica. A chiedersi se non sia il caso di individuare il miglior sistema elettorale per «pareggiare le elezioni». A fare i conti (e i Monti) senza l’oste, che poi sarebbero gli elettori. E quel consenso che dovrebbe servire a governare, in un Paese normale, che noi ovviamente non siamo, per via dell’«emergenza».
C’è chi ha inteso l’«emergenza» come occasione per auto-promuoversi, con l’ennesima sigla, passando dal Partito della Nazione alla Lista Monti. Fini, nel caso, giustifica i mezzi. Un Monti «a sua insaputa».
Nell’«emergenza» ci sono gli «emergenti», che erano lì lì per presentare un soggetto politico nuovo (o quasi) ma se c’è Monti si ritirano volentieri (Luca Cordero di Monti). E ci sono un po’ dappertutto i fan dell’agenda, che però preferirebbero portarla via a Monti, e lasciarlo a casa. O al Quirinale. Senza agenda, che poi non si capisce bene, a volte, che cosa sia. Né come farebbe a prendere i voti, perché molte delle cose le ha fatte proprio perché non doveva prenderli, i voti. Né molto si sa della futura classe dirigente, ma cosa volete che sia. Siamo il Paese del Gattopardo, l’Italia non è pronta, ecc.
L’«emergenza» non aiuta a capire, ma confonde sapientemente le cose, tanto che, nell’«emergenza», e a pochi mesi dal voto, nulla si sa circa le coalizioni né a destra né a sinistra, e nessuno sembra interessato a costruire davvero un progetto politico maggioritario, capace di raccontare quello che succederà nei prossimi dieci anni, in Italia e in Europa.
L’unica cosa che si capisce è che, tra Report e Monti, per intenderci, la vera «emergenza» è quella della politica. Che non ha più parole, proprio come i cittadini (non) elettori. Siamo al «si salvi chi può», solo che l’impressione è che non possa più nessuno.
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