Da un po’ di tempo, Formigoni insiste sulla macroregione del Nord. Ieri sera abbiamo capito perché. Sulla base di un ragionamento al di là del bene e del male, dice: se la Lega mi fa cadere qui, il Pdl fa cadere Piemonte e Veneto. E si torna a votare dappertutto.

Ora, l’argomento non esiste, e non ha senso, se non nella logica rovesciata di Formigoni e dei suoi alleati, che da mesi minacciano sfracelli, ma poi rimangono lì, continuando a sostituire assessori e presidenti di commissione.

La verità è che l’ultimo vero alleato rimasto a Formigoni è il suo acerrimo amiconemico Berlusconi, che ora ha bisogno che la Lombardia regga, altrimenti, da quella parte, saranno solo Casini.

Mentre scrivo, la soluzione più probabile è il rimpasto totale. Così la Lega dirà: «voto ad aprile». E Formigoni dirà: «vedremo, intanto rimpasto».

I numeri danno ancora ragione a questa maggioranza: sono quasi cinquanta su ottanta, ancora, e soluzioni laziali (dove l’opposizione raccolse l’elenco dei dimissionari, proprio come abbiamo fatto noi, e lo completò con l’arrivo dell’Udc, che in Lombardia è già in minoranza) non sembrano a portata di mano.

Insomma, oggi ne vedremo delle belle, da Torino a Venezia. Una volta si chiamava Padania, oggi la chiamano macroregione, domani chissà.

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