Leggo commenti spiritosi sulla pubblicazione in uscita, a cui ho lavorato in collaborazione con Simona Guerra e Francesco Astore, circa il fenomeno della cosiddetta antipolitica e del MoVimento 5 Stelle.

I libri non servono, dice qualcuno. Io ribatto che, se è per questo, servono anche i documentari, come questo:

Servono perché la politica non è costituita solo dal momento elettorale, ma anche dall’analisi. Dalla ricerca delle cause e non solo dalla proposta di soluzioni spesso sotto forma di slogan e di parolaveloce (da scrivere così, perché non c’è tempo nemmeno per una pausa, perché tutto scorre, e mi pare si stia scambiando il senso del futuro con il futurismo, che è un’altra cosa).

Secondo i sondaggi, nelle tre regioni rivendicate in questi giorni dalla Lega, in questo balletto dalle figure macabre intorno all’eredità di Formigoni che assomiglia tanto a una Totentanz (bellissima quella di Clusone), il movimento che si richiama a Grillo è il primo partito.

E la disaffezione non diminuisce, anzi. E la politica stenta a riconoscersi in battaglie comprensibili e chiare, sulla base di un riflesso snobistico che potrebbe anche travolgerla.

Ciò non significa che ci si debba alleare con Grillo, come se fosse l’Udc, o riprenderne i toni e le parole d’ordine, ma cercare di capire perché si stanno affermando con tanta veemenza e che cosa si può fare per rispondere, con una compiuta prospettiva di governo, alle domande che sono molti cittadini a porre, in modo trasversale e sull’onda di una indignazione che qualche ragione di essere ce l’ha.

In Lombardia, fino a due anni fa, chi trattava politicamente il tema della criminalità organizzata, era vissuto con sospetto e con fastidio, perché insomma, la Lombardia e la mafia sono due cose diverse, lontane, separate.

Quando a Canossa ci trovammo a parlare di corruzione, partendo dal presupposto che la politica dovesse chiedere scusa (e non in modo rituale), tutti pensarono ad una iniziativa di nicchia. E ora invece ne parla tutta la politica, e il Governo dovrebbe mettere la fiducia, sul testo più restrittivo e coerente che si può.

Quando parlammo della catena del cemento, chiedendo che il tema del consumo di suolo facesse parte integrante di una proposta di governo, tutti pensarono ai ‘soliti’ ambientalisti, mentre ora sono i costruttori i primi a parlare di «rottamazione» (degli edifici, eh) e di rebuilding, di risparmio ed efficienza energetica.

Quando denunciavamo, e lo facevamo nelle sedi istituzionali, la necessità di intervenire con misura sugli inceneritori, molti ci criticavano, mentre ora sappiamo che la Lombardia, ad esempio, ha più impianti di quanti servirebbero allo smaltimento dei propri rifiuti.

E quando si parla di Europa, a me non piacciono di certo le uscite estemporanee dall’euro, ma la risposta non può essere solo questa: deve essere quella di intervenire con una politica di profilo e di contenuti europei, a partire dalle questione più clamorose, come quella che abbiamo raccontato con l’Operazione Guardie Svizzere.

Che non sono solo le Cayman. Alcuni paradisi ci sono anche ai confini della Ue, e qualcuno anche al suo interno.

E tutto quello che trovate scritto qui, lo si è fatto spendendo poche migliaia di euro e in tutto il Paese. E un giorno, vedrete, tornerà utile, molto di più di quanto non sembri. Perché «la rivendicazione della politica» non prenda via demagogiche, e si possa cambiare le cose, grazie anche a quella energia e a quella disaffezione. Che è anche un’affezione alle cose fatte bene. E costruite insieme.

P.S.: come in quella filastrocca, per fare gli slogan, ci vogliono i libri. E per fare i libri ci vogliono i post. E per fare i post, ci vogliono i contributi di tutti. E per raccoglierli, questi contributi, ci vogliono persone attente, che sappiano essere leggere, certamente, ma capaci di profondità.

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