Non si tratta di grandi manovre, ma solo di provare a fare un po’ di politica.

«Dobbiamo tradurre in numeri per la vittoria elettorale la grande maggioranza di dissenso civile e politico che oggi c’è in Lombardia – ho detto in un’intervista al quotidiano di Napoli, Il Mattino -. Una discussione a mente aperta, senza la sufficienza classica del pregiudizio dei professionisti della politica».

E non di allearsi a questo o a quello, ma di aprire un dibattito all’aria aperta, diretto e senza equivoci con chi pretende il cambiamento. Finora, nessuno se n’è curato, e tutti hanno lasciato cadere il tema.

Ma in un Paese nel quale i temi sono imposti dall’esterno rispetto alla politica (il lavoro multinazionale da Marchionne, la riflessione sulla finanza dalle Cayman, la riflessione sugli usi e i costumi dei politici da un ministro tecnico), forse è il caso di buttare il cuore oltre l’ostacolo. E di trovare la soluzione migliore perché le cose cambino.

E di provare a fare il punto, tra partiti e movimenti, senza snobismi di sorta e senza ambiguità.

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