Ogni giorno la notizia cambia: oggi è il 16 novembre e ancora non si sa quando si voterà per le elezioni politiche e per quelle regionali. Ed è grave e molto poco democratico.
Per una serie di motivi, perché è poco democratico che si discuta da un anno di una eventuale riforma elettorale, squisitamente sulla base della convenienza di questo partito o di quello schieramento.
In più, è poco democratico che le coalizioni cambino ogni settimana a seconda del sistema elettorale di cui si vocifera, dando l’idea che tutto faccia brodo, nella politica italiana (tanto che si litiga con Casini, ad esempio, in vista delle Politiche, mentre si fanno accordi con Casini in vista delle Regionali) e che le coalizioni si formino non sulla base di profonde ragioni politiche, ma di logiche meramente sommatorie.
D’altronde, è poco democratico (e civile) che una presidente dimessa (any sense) tenga in scacco non solo la propria regione, ma anche quelle degli altri.
E che anche la data del voto diventi oggetto di scambio e di calcolo elettorale, esattamente come la riforma elettorale di cui sopra.
Anzi, che diventi oggetto di scambio e di calcolo anche la possibilità di votare per le Regionali e le Politiche nella stessa data, o in due date diverse, prima o dopo, a febbraio o ad aprile. O magari a marzo, perché pare che gli uffici legislativi abbiano scoperto che marzo si colloca a metà strada tra febbraio e aprile.
Se il ‘palazzo’ reagisce così alla ‘piazza’, siamo rovinati.
P.S.: troverei poco democratico anche che, se le cose dovessero precipitare in un voto anticipato, senza alcuna riforma elettorale, qualcuno ci venisse a dire che non si possono scegliere i parlamentari attraverso le primarie, perché – a quel punto – non ci sarebbe più tempo. Perché rischiamo di finire così. E non è bello. E non è democratico. E sa anche un po’ di presa in giro. Ma solo un po’, eh.
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