«Il cielo di Lombardia, così bello quando è bello, così splendido, così in pace», scriveva Manzoni: l’aria è un tema ineludibile del governo regionale. E un tema ‘identitario’, potremmo dire, dal momento che l’inquinamento è ormai una tradizione della nostra Regione, quasi come l’aria fritta di mille conferenze stampa dedicate all’argomento dalla giunta Formigoni. Che nelle passate legislature aveva molto investito su questo tema, ritirandosi progressivamente (e strategicamente) negli ultimi anni, per non correre il rischio di risultare impopolare agli occhi dei lombardi: clamoroso, ad esempio, il silenzio della giunta regionale sull’Ecopass e sulla sua trasformazione in Area C, di cui parleremo più sotto.

Molto rimane da fare sul piano dell’efficienza energetica nel consumo delle famiglie, dell’industria e dei servizi e in questo ambito è fondamentale la stretta collaborazione con i saperi lombardi presenti nel settore della ricerca, sia privata che universitaria. La Legge 3 del 2011 che prevede l’obbligo della contabilizzazione energetica entro luglio 2014 per molti impianti di riscaldamento civile è una delle misure utili ma non l’unica possibile. I bandi e le misure di accompagnamento alle norme regionali sono sottofinanziati e troppo limitati per avere effetti di sistema e duraturi nel tempo. I limiti di emissione posti dalla normativa comunitaria dovranno essere, per stessa ammissione della Regione Lombardia, accompagnati da misure di contenimento delle concentrazioni nocive.

Non è molto ‘intelligente’ chiedere proroghe per le emissioni di PM10 o NO2: è necessario per la Lombardia ricorrere fin da ora a soluzioni di politica ambientale innovative, lungimiranti e coraggiose e definire misure integrate sul traffico veicolare, limiti alle emissioni produttive e civili, monitorando costantemente il territorio.

Abbiamo già detto dell’importanza del miglioramento e potenziamento del servizio di trasporto pubblico, della mobilità collettiva e ‘dolce’ e dell’intermodalità.

Le misure di limitazione del traffico per ridurre la concentrazione degli inquinanti deve vedere Regione Lombardia in prima fila nel promuovere politiche concertate tra gli enti locali nell’interesse della salute dei cittadini ed essere coordinate e gestite riuscendo ad ottenere nel Tavolo Istituzionale Aria misure anche draconiane stabilite in anticipo sulla stagione critica, quella che inizia con l’autunno, visto che già a settembre 2012 i limiti sono stati superati per più giorni senza che vi sia stato il contributo inquinante degli impianti di riscaldamento.

Bisogna osare maggiormente nella limitazione della circolazione dei veicoli più inquinanti, pubblici e privati, e nell’incentivazione dei veicoli a minore impatto.

Non sottovalutiamo il fatto, anzi siamo compiaciuti, che la Commissione europea, attraverso il Jrc (Joint Research Center), abbia rilevato che le centraline dell’Arpa sono perfettamente rispondenti agli standard richiesti dalla normativa vigente, con misure di PM10 corrette sia dal punto di vista normativo, sia rispetto alla valutazione dell’effettiva presenza di particolato in aria ma questo non basta.

Il contenuto del progetto di ricerca quinquennale (2006-2011) rileva alcuni aspetti determinanti per la qualità dell’aria e sottolinea come alcune politiche attive siano state determinanti per l’abbattimento di alcuni agenti inquinanti quali quelli derivanti dalla combustione di olio combustibile o la disincentivazione dell’uso di veicoli inquinanti.

Com’è noto, le emissioni di particolato fine siano uno dei principali problemi dei motori diesel. Regione Lombardia sostiene a parole di volere proseguire nella direzione di disincentivare l’utilizzo di questa motorizzazione, favorendone la sostituzione dei modelli più inquinanti e privilegiando quelle meno inquinanti (gpl, metano, benzina Euro 4 e 5), ma nei fatti diminuisce le risorse a disposizione dei cittadini e delle imprese nei bandi.

Per esempio, gran parte degli incentivi per riconvertire i vecchi, grossi furgoni e camion da cantiere, che sono pochissimi (24 mila), ma molto vecchi, quasi tutti diesel e responsabili di un quarto delle polveri sottili prodotte dal traffico di Milano montando i filtri antismog come da accordo tra Assoimpredil, Comune di Milano e associazioni ambientaliste vengono spostati su altri capitoli di spesa e destinati non più ai camion, ma solo ai macchinari fissi usati all’interno dei cantieri. Perciò si rischia che venga rimandata la “zona a bassa emissione”, una sorta di Ecopass per i camion ripresa dal modello Londra ed esteso a tutta la città di Milano.

Diventa necessario istituire un sistema su scala regionale di controllo efficiente sulla circolazione dei veicoli più inquinanti andando progressivamente ad estendere agli euro 3 diesel i divieti comunicando in abbondante anticipo il divieto di circolazione, facendo progressivamente leva su una tariffa temporanea di circolazione per poi passare a divieti sempre più stringenti fino al divieto di circolazione.

Dopo il sostanziale fallimento delle politiche per l’adozione dei filtri sui vecchi camion bisogna avere il coraggio di trovare soluzioni innovative e sostenibili per ridurre l’inquinamento a partire dallo spostamento di una parte progressivamente crescente del trasporto merci dalla gomma alla rotaia. Agli elevati costi ambientali della situazione bisogna sommare quelli economici e sociali come dimostrano gli studi UE e in quest’ottica diversi paesi europei si sono attivati da tempo per intraprendere politiche di riduzione del traffico su gomma.

Un sistema di tariffazione che sia in linea con la direttiva UE Eurovignette che dispone che i pedaggi stradali siano commisurati all’uso (ingombro, peso) e all’inquinamento provocato dai diversi mezzi di trasporto. Secondo uno studio The European House – Ambrosetti presentato nell’estate 2012, se si applicasse in Italia il livello di tassazione tedesco si avrebbe un aumento della quota modale del trasporto merci su ferro del 45%, un gettito annuo per lo stato di 2,5 miliardi di euro e un risparmio aggiuntivo di 2,3 miliardi di euro di minori costi esterni. Al momento il trasporto su gomma risulta più competitivo in termini di velocità commerciale, flessibilità, diffusione ma il riequilibrio modale a fronte di una tariffazione deve essere sostenuto da forti incentivi sulle tratte meno remunerative.

Quindi diventa prioritario un piano speciale concertato con il Governo nazionale e con le Associazioni imprenditoriali per predisporre le infrastrutture ferroviarie ad una nuova intermodalità partendo, come suggerisce Legambiente dall’occasione che nasce con la prossima apertura della nuova grande direttrice ferroviaria per le merci tra Milano e Zurigo.

D’altra parte, anche gli strumenti di tariffazione possono e devono essere utilizzati in funzione dell’obiettivo di miglioramento della mobilità: introdurre sistemi di tariffazione intelligente possono produrre un beneficio che va anche oltre il miglioramento della qualità dell’aria sull’esempio di è quanto accaduto a Milano con l’Area C dove, a partire da una tariffa che ha trasferito risorse dall’auto al mezzo pubblico, si sono avuti positivi riscontri sul duplice versante qualità dell’ambiente e sulla fluidità della circolazione stradale.

Parlare di diminuzione dell’inquinamento dell’aria vuole anche dire pensare ad una mobilità dolce possibile con l’incremento della rete ciclopedonale lombarde: non bisogna, però, limitarsi a pensare che la soluzione di tutti i problemi siano le piste ciclabili ma, per esempio, iniziare almeno nelle città a ripensare gli spazi secondo un progetto di ‘condivisione’, in sicurezza, della strada. E, come sostiene il movimento @salvaciclisti, per farlo c’è un percorso semplice: moderazione del traffico e lotta decisa contro gli abusi, contro gli eccessi di velocità e contro la sosta selvaggia. La strada deve tornare a essere uno spazio ospitale per tutti i mezzi, di e per tutti i cittadini che vogliano attraversarle, per esempio, incentivando la riduzione in alcune zone del limite di velocità urbano da 50 a 30 km/h spostando in alcuni casi gli investimenti dalla costruzione di piste ciclabili a misure che trasformino tutta la città e la restituiscano a tutti i cittadini ragionando su scala regionale in modo che le iniziative dei territorio abbiano un reale impatto complessivo e vengano gestite con una pianificazione condivisa.

Resta poi da incrementare l’intervento regionale sul ricambio delle caldaie che potrebbe essere attuato attraverso mutui agevolati concordati con le banche, misura che permetterebbe di sostituire l’apparecchio vecchio senza contraccolpi economici eccessivi per i condomini e i nuclei familiari, misura ben più efficace rispetto al famigerato “bollino blu” ideato e presentato dalla giunta precedente, che non ha portato ad alcun risultato oggettivo.

I risultati del rapporto confermano inoltre l’importanza delle emissioni derivanti dalla combustione della legna non solo per il particolato primario ma anche per CO (anidride carbonica), COV (composti organici volatili), IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e diossine. Jrc nota come la combustione della legna sia la maggiore fonte di polveri primarie dopo il traffico su strada e, in inverno, raggiunge percentuali più elevate soprattutto nelle zone alpine e prealpine.

L’ulteriore criticità della combustione della legna è che i singoli componenti del PM10 derivanti da tale processo di combustione sono tra i più pericolosi per la salute dell’uomo. Regione Lombardia ha attivato un Tavolo tecnico tra le Regioni del bacino padano, in accordo con il Ministero, per definire standard emissivi per gli apparecchi da utilizzare anche – quale riferimento – per l’adozione di misure per la qualità dell’aria da parte di ogni singola amministrazione e speriamo che i frutti di tale lavoro consentano al più presto l’adozione di norme che obblighino all’abbassamento delle emissioni anche considerando il fatto del boom delle vendite di stufe da pellet e simili nel territorio lombardo.

Anche l’uso dei fertilizzanti, soprattutto derivanti dal ciclo dei liquami, vengono ritenuti fonte importante di inquinamento dell’aria, anzi, la principale fonte di emissione di NH3 (ammoniaca) in atmosfera che – reagendo con i gas acidi (SO2 ed NO2) – forma i sali di ammonio, principale componente del PM10 secondario. I dati di cui dispone Regione Lombardia sono ampiamente confermati dai risultati della ricerca del Jrc: il nitrato ed il solfato d’ammonio sono componenti molto importanti del PM10 la cui formazione è legata oltre che alle emissioni di ossidi di azoto e di zolfo, a quelle di ammoniaca, che proviene al 95-96% dal comparto agricolo. Le emissioni di ammoniaca provenienti soprattutto da allevamenti, liquami, fanghi e uso di fertilizzanti azotati, si confermano quindi tali da considerare questa un’importante area di intervento per la riduzione dell’inquinamento atmosferico e viene da chiedersi quali politiche attive la Regione Lombardia abbia in mente visto che, per esempio, ha richiesto ed ottenuto dalla UE l’innalzamento dei limiti di nitrati nel terreno.

Rimane aperto un ultimo problema tra le altre cose quello più contraddittorio e contrastato; cosa fare in emergenza aria quando cioè per un lungo periodi di tempo e in particolari condizioni climatiche tutti i cittadini sono costretti a respirare aria inquinata con pericoli per la salute specie per le categorie più deboli, anziani, ammalati e bambini?

Bisogna agire sull’aspetto più inquinante cioè sul traffico automobilistico con blocchi del traffico anche infrasettimanali, con targhe alterne o con le domeniche a piedi più o meno programmate: non basta un periodo limitato o parziale di blocco del traffico per abbattere immediatamente il PM10 (il PM10 secondario continua infatti ad agire) ma è altresì accertato che con le misure antitraffico la situazione non peggiora e si accelerano i tempi di abbattimento del Pm10 proprio perché non si immette nuovo inquinante.

Una cosa è certa: i blocchi del traffico hanno efficacia solo se indetti contemporaneamente su un’area vasta. Da questa considerazione discende il ruolo prioritario della Regione nel decretare blocchi del traffico su tutto il territorio regionale, nel sostenere anche finanziariamente le Province nella loro azione di coordinamento dei Comuni nel blocco e nel definire accordi con altre Regioni per attivare misure antitraffico e antinquinamento per l’intera area della pianura padana.

Per il momento l’unico dato certo che abbiamo è che per il momento la diminuzione dell’inquinamento dell’aria è legata alla depressione economica. La Lombardia nel prossimo futuro deve potere crescere e farlo in modo sostenibile è la sfida dei prossimi anni e questo non può che avvenire con un rilancio anche e soprattutto ecologico della propria economia. I momenti di crisi devono essere momenti di crescita e la qualità dell’aria è una delle cartine di tornasole di come si affrontano i problemi, risolvendoli o rimandandoli sine die, come è stato fatto nell’ultima legislatura dal governo regionale.

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