Le politiche industriali della Regione si sono via via frammentate e divise in mille rivoli, con una politica dei bandi da razionalizzare e da orientare in modo più rigoroso e concreto di quanto non sia accaduto, perché i contributi siano accessibili a tutti gli operatori, gli strumenti di erogazione siano meno numerosi e più riconoscibili e si eviti perciò quella polverizzazione che abbiamo conosciuto in questi anni.
Lo stesso vale per la dote, uno strumento che è stato oltretutto articolato eccessivamente, in un numero troppo elevato di tipologie, perdendo di vista gli obiettivi prioritari, all’insegna di una disintermediazione totale che ha di fatto cancellato qualsiasi regia a livello territoriale in favore di una forte centralizzazione regionale.
Si deve puntare su innovazione e internazionalizzazione, soprattutto, non solo con l’erogazione di risorse, ma con percorsi di accompagnamento e di sostegno a chi è piccolo e spesso non accede ai bandi regionali.
Non possiamo poi dimenticare che fondamentale è la verifica dei risultati e il monitoraggio costante dei finanziamenti distribuiti tra gli operatori. Troppo spesso è accaduto che sia mancata una valutazione precisa del dato finale degli interventi e, nel caso della dote per formazione, riqualificazione e ricollocazione del personale, i casi di successo si sono fermati al 7% del totale.
Per quanto riguarda il rilancio dell’economia lombarda, anche il modello delle startup deve avere prioritariamente l’obiettivo di ristrutturare il modello industriale attuale mediante il rilancio delle competenze industriali che già esistono. Il digitale sarà sicuramente una componente imprescindibile nel percorso di innovazione, ma le competenze di base rimangono quelle che hanno contraddistinto il «made in Italy» e il tradizionale impianto industriale della nostra regione.
Il concetto di startup, dunque, potrebbe essere ridefinito con il concetto di rigenerazione dell’attuale modello di business: un contributo a tale modello di innovazione può arrivare anche dalla rivisitazione dei cosidetti poli tecnologici che possono fungere da laboratori del cambiamento ma che oggi sono per lo «affitta spazi»: prendendo spunto dalle Sez indiane, cinesi, brasiliane la Regione potrebbe creare delle agevolazioni particolari per chi decide di sviluppare idee di business all’interno di tali aree (attraverso contributi all’innovazione, percorsi di aggiornamento finanziati rivolti alla classe imprenditoriali, missioni all’estero finalizzate).
Oggi stiamo assistendo a un processo che sta rivoluzionando la politica industriale di questa regione. La visione industriale deve perciò essere molto chiara e deve saper promuovere i promettenti, non i conoscenti. Sulla base di un percorso dichiarato, leggibile, tracciabile e competitivo con quello che stanno sviluppando le economie più forti a livello internazionale.
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